Se esistessero forme di vita su Marte (vedi Galileo, Vita su Marte? L’aveva scoperta Viking nel 1976), allora si nasconderebbero sotto i crateri da impatto. Lo sostengono da tempo i ricercatori dell’Università di Edimburgo, che ora hanno trovato nuove evidenze a sostegno della loro ipotesi. Il team della School of Physics and Astronomy, guidato da Charles Cockell, ha infatti scoperto dei microrganismi sotto la superficie di uno dei più grandi crateri terrestri, quello della baia di Chesapeake, negli Usa, generato da un meteorite caduto sul nostro pianeta oltre 35 milioni di anni fa. Le loro ricerche sono raccontate in un articolo su Astrobiology Magazine.
Gli studiosi hanno individuato i microrganismi a circa due chilometri di profondità, distribuiti in maniera non uniforme tra le fratture delle rocce (lo studio si è svolto su 88 campioni di roccia prelevati a diverse profodità). Cockell e colleghi sostengono che sebbene la collisione e il calore generato eliminino qualunque forma di vita sulla superficie di impatto, le profonde fratture consentono all’acqua di fluire e trasportare i nutrienti vitali in un ambiente sostanzialmente non interessato dai cambiamenti esterni.
È in questo rifugio sicuro che la vita potrebbe essere rimasta nascosta anche in altri pianeti. “I nostri risultati”, conclude Cockell, “suggeriscono che il sottosuolo dei crateri di Marte potrebbe essere un buon posto in cui cercare di tracce di vita”.
Credit per l’imagine: Nasa, Bonneville Crater
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