Categorie: Fisica e Matematica

Matematica per soli uomini

Non c’è ugualianza fra donne e uomini nell’ambiente matematico europeo. Contrariamente a quanto accade in altri settori, lo scompenso numerico fra i due sessi è capovolto: sono le donne dei paesi del bacino mediterraneo, e non quelle del nord, a essere molto più numerose e a godere di una maggiore libertà di ricerca. Inoltre, realtà che sorprende per via delle tradizioni culturali del paese, in Turchia, c’è una collaudata situazione di parità fra i sessi e, in alcune università, sono addirittura predominanti le femminucce.

E’ quanto è emerso dal recente convegno “Women and Mathematics: East-West-North-South”, organizzato nei giorni scorsi a Trieste dall’associazione internazionale Ewm (European Women in Mathematics). Al convegno hanno partecipato 95 rappresentanti di 31 paesi, alcuni dell’Asia e del Sud America, per fare il punto sulla situazione delle donne in matematica nelle diverse culture.

“Le donne che fanno matematica vivono una situazione di isolamento e il convegno vorrebbe offrire un contributo nel campo della ricerca mettendo a punto nuovi modi di comunicare fra i gruppi di donne dei vari paesi e per venire incontro a quelle più isolate”, spiega Marjatta Näätänen del Dipartimento di matematica dell’Università di Helsinki. “Il confronto fra le diverse esperienze è stato particolarmente utile per capire quali sono i problemi comuni a tutte e come affrontarli. L’idea è creare un’atmosfera di incoraggiamento a proseguire gli studi e la carriera”.

Dalle statistiche più recenti, fornite dall’Università di Helsinki, risulta che proprio Finlandia, Svezia e Norvegia sono i paesi con il numero più basso di donne occupate nella carriera matematica. Negli ultimi due paesi esse sono solo il 6% e il 7% sul totale dei ricercatori, mentre le studentesse arrivano al 37%, 29% e 30% rispettivamente. Percentuali molto basse se messe a confronto, per esempio, con i dati della Macedonia, dove le matematiche sono il 45% e le studentesse arrivano al 73%, o della Grecia dove le matematiche sono il 24%, o ancora la Spagna con il suo 16%. Il Portogallo, invece, gode di una piena parità: le studentesse oscillano fra il 50 e il 60% e le ricercatrici occupate toccano il 40-50%.

Questi dati trovano una spiegazione nell’atteggiamento ostile che i “freddi” uomini del nord riservano alle loro sparute colleghe che devono sottoporsi a scelte drastiche. Nei cosiddetti paesi evoluti pare infatti che la maternità, in campo scientifico, sia considerata un peso e un ostacolo: “Le poche e coraggiose matematiche del nord sono isolate e penalizzate, subiscono molte discriminazioni e non sono affatto stimolate a intraprendere la carriera scientifica né dall’ambiente familiare, né dall’ambiente universitario”, spiega Emilia Mezzetti del Comitato organizzatore del convegno. “Queste donne avvertono una situazione di inferiorità rispetto ai colleghi uomini e, quando scelgono di seguire la carriera, rinunciano a crearsi una propria famiglia. Pena l’interruzione della propria attività di ricercatrici”.

Nel paesi del bacino mediterraneo, come per esempio in Turchia, “i colleghi uomini dimostrano invece una buona sensibilità e molto rispetto nei confronti della maternità”, sostengono con orgoglio le due partecipanti turche in base all’esperienza vissuta nei loro dipartimenti. Dove, dicono, “le donne sono addirittura più numerose degli uomini”. Infine anche nei paesi dell’est le signore vivono una situazione favorevole. Le matematiche dell’Estonia, che sono il 29%, della Georgia (40%), della Polonia (30%), dell’Ucraina (21%), della Slovacchia (31%) e della Bulgaria (30%) costituiscono un nutrito gruppo che ha anche stabilito una forte collaborazione. Anche se lamentano la difficoltà di entrare in rapporti con le donne dell’ovest perché ancora penalizzate dall’antico isolamento.

E in Italia? Nel nostro paese le cifre aumentano molto. Ma non sono tutte rose e fiori: le studentesse sono ben il 70% sul totale degli iscritti, però sul lavoro la percentuale scende al 35%, per le ricercatrici, e al 13% per quanto riguarda i docenti. La “carriera tipo” in Italia prevede un iter simile a quello degli altri Paesi europei. Dopo la laurea ci si candida per i 4 anni del dottorato di ricerca. Una volta ottenuta la borsa post-dottorato, da spendere in Italia o all’estero, si può concorrere per un posto di ruolo come ricercatore. E da qui comincia la “scalata” per aggiudicarsi un posto da professore associato, per poi aspirare al ruolo di professore ordinario.

“Naturalmente qualche passaggio può essere saltato”, spiega ancora la Mezzetti. “Ora però il dottorato è quasi obbligatorio. Non ci sono differenze fra carriera maschile e femminile e non ci sono obbligatoriamente rappresentanti femminili nei vertici universitari. Quello che differenzia la carriera di una donna è che, finché non ottiene un posto di ruolo, avere una famiglia e dei figli, è un pò rischioso. Perché, per dirne una, le borse di studio di dottorato e post dottorato, in pratica lo stipendio, vengono sospese per maternità. In Italia, fino a 20 anni fa, non esisteva il dottorato e la fascia più bassa era quella degli assistenti. C’era meno competizione e i concorsi erano più accessibili. Purtroppo credo che la percentuale di donne matematiche sia in calo anche in Italia”.

Dato scoraggante è che, come da copione, il problema e il dibattito su come venirne a capo sono rimasti di assoluto dominio femminile. Infatti, in platea si sono contati solo due uomini. Eppure la carriera è sempre più difficile per tutti, maschietti compresi e non solo per questioni di discriminazioni legate al sesso. La matematica forse non piace più? I problemi sono piuttosto economici visto che i fondi per la ricerca sono sempre più poveri: “Europa e Stati Uniti investono nella ricerca di base che ha ricadute immediate e la matematica non vi rientra”, osserva la Mezzetti. “La scarsa disponibilità economica scoraggia sia gli uomini sia le donne a intraprendere gli studi in questo campo per privilegiare quei settori che godono di una salute economica più fiorente. Questa tendenza non viene osservata invece in Giappone dove gli stanziamenti per la matematica rimangono ancora molto alti”.

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