Nano-trappola per gas

Una struttura altamente porosa in grado di assorbire grandi quantità di diverse sostanze, e di rilasciarle a comando per mezzo di radiofrequenze. È la nuova invenzione presentata su Angewandte Chemie dal gruppo di ricerca di Piero Sozzani, docente di chimica industriale presso il Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano-Bicocca, che da anni studia i cosiddetti “materiali porosi”.

Ma di cosa si tratta esattamente? “Dobbiamo immaginarci – spiega Sozzani – un materiale molto simile nella struttura ad un alveare, ma un milione di volte più piccolo, con canali molto profondi del diametro di 3-4 nanometri (milionesimi di millimetro, NdR.). Il vantaggio di questi materiali sta nel fatto che presentano una superficie assorbente vastissima: è come se qualcosa grande come un campo da calcio fosse ripiegato su se stesso moltissime volte”.

Il gruppo di Sozzani non solo è riuscito a creare in laboratorio queste minuscole spugne – mille metri quadri di superficie per il peso di un solo grammo -, ma anche ad inserire nei nano-alveari delle  molecole “girandole”, chiamate tecnicamente rotori molecolari. Si tratta di elementi in grado di convertire l’energia chimica in forza meccanica e che compiono miliardi di giri al secondo. Per la prima volta, questi sistemi sono stati realizzati in materiali solidi porosi invece che in sostanze liquide. La velocità di questi veri e propri motori – presenti in numero enorme all’interno del materiale – può essere regolata, e questo permette il rilascio controllato della sostanza precedentemente assorbita.

Per costruire le loro speciali spugne, i chimici dell’ateneo milanese hanno utilizzato silicio, carbonio e ossigeno; la struttura finale è un ibrido tra il vetro e un materiale organico. Secondo gli studiosi, questo materiale potrebbe trovare future applicazioni in molteplici ambiti: dal trasporto e stoccaggio di metano e idrogeno prodotti da fonti rinnovabili alla nanomedicina. Se ‘caricate’ con un farmaco, per esempio, le particelle porose potrebbero essere iniettate nel paziente affinché raggiungano per via sistemica gli organi da trattare. Irraggiando gli organi stessi con radiofrequenze, le particelle sarebbero stimolate a rilasciare il farmaco solo dove e quando serve. (f.p.)

Riferimenti: Angewandte Chemie doi: 10.1002/anie.200906255

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