È una domanda senza dubbio affascinante e, allo stesso tempo, inquietante. E chiunque abbia visto il film Matrix (et similia) se l’è certamente posta: è possibile che il nostro Universo sia una simulazione? Sarebbe troppo facile – e troppo semplicistico – liquidarla con un tranciante no: d’altronde, se davvero vivessimo in una simulazione à la Matrix, sarebbe “ontologicamente” impossibile rendercene conto. Eppure, da qualche tempo diversi scienziati si stanno occupando della questione, cercando argomenti logici, fisici o matematici per dimostrare che, almeno in linea di principio, l’idea della simulazione non è del tutto assurda.
L’astrofisico e divulgatore Neil deGrasse Tyson, ha per esempio proposto un approccio probabilistico alla questione che sembra abbastanza convincente: immaginiamo, dice lo scienziato, di avere a disposizione una potenza computazionale abbastanza elevata da permetterci di simulare, nel nostro computer, un intero Universo; questo Universo simulato si evolverebbe nel tempo, e i suoi abitanti, a un certo punto, potrebbero a loro volta sviluppare degli strumenti informatici abbastanza potenti da simulare un Universo dentro il loro. E così via, quante volte si vuole. E dunque, conclude deGrasse Tyson, la probabilità che tra questi innumerevoli Universi simulati sia proprio il nostro a essere quello originale è bassissima: pertanto “è molto difficile sostenere che non viviamo in un mondo simulato”.
DeGrasse, comunque, non è il solo a pensarla così. Melvin Vopson, professore di fisica alla University of Portsmouth, lo scorso anno ha proposto un esperimento (ancora non realizzato) per cercare di comprendere se la realtà fisica in cui viviamo sia un “costrutto simulato” o un “mondo oggettivo che esiste in modo indipendente dall’osservatore”, facendo notare che al momento “ci manca un modello chiaro per distinguere tra realtà simulata e realtà non-simulata”. Più di recente – poche settimane fa – Vopson ha pubblicato sulla rivista Aip Advances un altro lavoro in cui discute la seconda legge dell’infodinamica e “le sue implicazioni sulla teoria dell’Universo simulato”. Non è un articolo di facile lettura per i non addetti ai lavori: l’idea di Vopson si basa sulla cosiddetta teoria dell’informazione, sviluppata dal matematico Claude Shannon, la branca della matematica che studia la comunicazione, l’archiviazione e la trasmissione delle informazioni.
Il ruolo dell’entropia
“Sulla base dei concetti della teoria dell’informazione – spiega lo stesso Vopson in un articolo divulgativo pubblicato su The Conversation – ho proposto una nuova legge della fisica, che ho chiamato seconda legge dell’infodinamica, che sembra supportare la teoria dell’Universo simulato”. L’idea è in qualche modo trasportata dalla seconda legge della termodinamica, una delle più importanti della fisica moderna, che coinvolge l’entropia, la misura (detto molto semplicemente) del “disordine” di un sistema, ovvero (più precisamente) del “numero di modi” in cui un sistema può realizzarsi. Ogni sistema termodinamico evolve sempre aumentando la propria entropia: nello stato di equilibrio perfetto, l’entropia è massima e non ci sono più differenze “locali” tra le varie parti di un sistema. Esempio (ancora una volta semplificato): una miscela di caffè e latte ha entropia minima quando i due liquidi sono separati; miscelandosi insieme, si arriva irreversibilmente a uno stato di equilibrio in cui non è più possibile distinguere i due liquidi e si è ottenuta una sostanza “uniforme” e massimamente disordinata (il caffelatte, per l’appunto).
Anche Vopson si serve di un esempio simile: “Al cuore della seconda legge della termodinamica c’è l’entropia – scrive – una misura del disordine che cresce sempre in un sistema isolato. Quando si lascia sul tavolo una tazza calda di caffè, dopo un po’ sarà in equilibrio termico, ovvero il caffè avrà la stessa temperatura dell’ambiente circostante. A quel punto l’entropia del sistema sarà al massimo, e l’energia al minimo. La seconda legge dell’infodinamica dice che l’‘entropia di informazione’ (ossia la quantità media di informazioni ‘trasportate’ da un certo evento) deve rimanere costante o diminuire nel tempo, fino a un valore minimo di equilibrio”. Sostanzialmente, il fisico sostiene che questa legge sia una sorta di “bilanciamento” rispetto all’equivalente termodinamico: “La seconda legge dell’infodinamica va in direzione opposta rispetto alla seconda legge della termodinamica (secondo la quale il calore fluisce sempre spontaneamente da una regione più calda a una regione più fredda, e contemporaneamente l’entropia aumenta). Per restare all’esempio del caffè, vuol dire che la probabilità di localizzare una singola e specifica molecola nel liquido diminuisce, perché lo spettro di energia disponibile si riduce arrivando all’equilibrio termico. Quindi l’entropia dell’informazione diminuisce sempre man mano che l’energia aumenta”. È un altro modo di presentare il concetto di cui sopra: con l’aumento dell’entropia aumenta anche l’“uniformità” di un sistema, fino al momento in cui tutte le parti del sistema sono uguali e dunque è minima la capacità del sistema di trasportare informazioni.
Dove entra in gioco la simulazione?
Fermiamoci un attimo. Dice Vopson che la seconda legge dell’infodinamica è una “necessità cosmologica” con “enormi ramificazioni e conseguenze scientifiche”, per esempio nel campo della biologia. “La mia legge conferma il comportamento dell’informazione genetica. Indica che le mutazioni genetiche, al loro livello più fondamentale, non sono eventi casuali, ma piuttosto eventi che avvengono obbedendo alla seconda legge dell’infodinamica, ossia per minimizzare l’entropia di informazione del genoma. E questa legge può anche spiegare alcuni fenomeni della fisica atomica e l’evoluzione temporale dei dati digitali”. Non solo: “La legge fa luce su uno dei più grandi misteri ancora aperti della fisica, ossia il motivo per cui la natura ‘preferisca’ gli stati ad alta simmetria: tali stati corrispondono alla più bassa entropia informativa”.
Ancora un attimo. Grandi affermazioni richiedono grandi prove. E al momento quelle presentate da Vopson sono solo congetture – spesso molto speculative – che, per quanto affascinanti, sono tutt’altro che dimostrate. Comunque, l’idea del fisico è che l’esistenza e la validità della seconda legge dell’infodinamica potrebbero essere un indizio, una traccia, del fatto che il nostro è un Universo simulato. La ragione è semplice e affascinante: “Il nostro Universo è enorme e super complesso. Per simularlo sarebbe certamente necessario implementare algoritmi di ottimizzazione e di compressione dei dati, per ridurre l’enorme potenza computazionale e lo spazio di archiviazione richiesti”. La seconda legge dell’infodinamica potrebbe servire proprio a questo: ridurre il più possibile la quantità di informazioni e di operazioni necessaria a far girare l’Universo. Un tentativo di zippare il mondo. Affascinante per davvero. “Sono necessari altri studi prima di confermare definitivamente che la seconda legge dell’infodinamica sia fondamentale quanto la seconda legge della termodinamica. Se dovessimo riuscire a confermarlo, sarebbe la prima vera evidenza scientifica a supporto della teoria dell’Universo simulato”.
Via: Wired.it
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