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Trattamenti di fine vita, a che punto siamo?

Una leggenda racconta che sull’isola di Delo non si poteva né nascere morire. Una decisione della dea Atene stabilì che l’isola non sarebbe mai stata abitata da esseri umani: alle donne era vietato partorire sull’isola sacra e i defunti venivano trasportati nella vicina isola di Rinia. Fuori dal mito l’Italia sembra essere una moderna isola di Delo, almeno per quanto riguarda le decisioni in tema di fine vita.

A dimostrare lo stato di limbo in cui giace il nostro Paese è la scarsa partecipazione alla tre giorni (11, 12 e 13  settembre) organizzata dall’associazione Luca Coscioni per sollecitare la discussione in Parlamento della Proposta Di Legge Di Iniziativa Popolare sulla liceità dell’eutanasia, proposta depositata più di un anno fa. Niente risalto mediatico, nessuna partecipazione da parte dei politici, pressoché nullo l’interesse della gente. E se la causa di tale disinteresse fosse proprio la scarsa informazione che ruota attorno a questi temi? Comune è la reazione di “rifiuto” quando si utilizzano termini come testamento biologico (altrimenti dichiarazione anticipata di trattamento), accanimento terapeutico, fine vita, qualità della vita.

Tentiamo di fare un po’ di chiarezza: innanzitutto distinguendo fra il tema del testamento biologico e quello eutanasia.

Il primo altro non è che un’estensione dell’articolo 32 della Costituzione secondo cui il diritto alle cure comprende anche il diritto a interromperle. Questo significa, per chi decide di compilare il proprio testamento biologico, poter comunicare anche l’intenzione di ricevere tutte le cure possibili fino all’ultimo respiro.

Allo stato attuale, in Italia, esistono 138 Comuni in cui è stato istituito un Registro dei testamenti biologici (qui una mappa). A questo proposito, l’associazione Luca Coscioni promuove una mobilitazione a favore dell’estensione e istituzione su tutto il territorio nazionale di questi Registri.

Com’è possibile vedere dalla mappa messa a disposizione dall’associazione, la prevalenza di Comuni che aderiscono all’iniziativa si concentra al centro-nord Italia. Al Sud, la popolazione risulta molto più “diffidente” in merito alla questione, fino ad arrivare al caso della Sicilia in cui il solo Comune di Tusa, in provincia di Messina ha aderito all’iniziativa. Eppure, anche nella terra dei Vespri, c’è chi parla di eutanasia e testamento biologico.

Sabato 13, per esempio, il comune di Vittoria (RG) ha ospitato una conferenza-dibattito sul tema, alla presenza del presidente dell’associazione MoVIS Sicilia, Carmelo Comisi e del prof. Luciano Di Natale, proprio per promuovere la raccolta firme per l’istituzione del registro comunale e aderire alla petizione al Parlamento su eutanasia e testamento biologico. In sostanza, quello che si chiede ai deputati è di esprimere un parere, sia esso affermativo o negativo, anche in merito allo scottante tema della “buona morte”.

Guardando oltre i nostri confini, 2002 l’eutanasia è legale nei tre Paesi del Benelux (Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo), mentre il suicidio assistito è legale in Svizzera e in alcuni stati americani (Washington, Oregon, Vermont e Montana). Nel nostro Paese il tema è diventato di particolare interesse pubblico a partire dalla vicenda di Eluana Englaro. La vicenda della donna, rimasta in stato vegetativo per quasi 18 anni, si concluse nel 2009 quando una sentenza della Cassazione stabilì il suo diritto di sospendere il trattamento terapeutico. Un diritto che il papà della ragazza, Beppino Englaro, potè esercitare in Friuli, ma non in Lombardia, regione che si rifiutò di attuare la sentenza emessa dalla Cassazione (sebbene Eluana avesse tutto il diritto di morire in Lombardia, come ha appena stabilito anche la sentenza del Consiglio di stato).

In Italia, nonostante i numerosi tentativi, non ci si esprime ancora chiaramente sulla questione eutanasia. Si potrebbe pensare che lo stato di limbo in cui si giace sia in parte dovuto alla forte presenza cattolica nel nostro Paese, ma questo è vero solo in parte se si pensa che, già dal 2009, la Conferenza Episcopale Tedesca si è espresse a proposito del tema della “dolce morte”. Il documento segna il via libera dei vescovi tedeschi alla così detta “eutanasia passiva”, ovvero a un dignitoso lasciar morire senza iniziare o perseguire un trattamento volto al proseguimento della vita.

Il tema, oggetto di ampio dibattito anche sul fronte cattolico, si presenta in tutta la sua urgenza anche ai nostri legislatori. La necessità di prendere una posizione anche in merito all’eutanasia è data dalla possibilità concreta che, grazie ai movimenti diffusi a livello nazionale, la dichiarazione anticipata di trattamento diventi una realtà in tutti i Comuni italiani. Se anche la dolce morte rappresenta un’opzione e, lo ricordiamo, solo una fra le tante, da esprimere, in quanto esseri umani non possiamo esimerci dal farlo. 

Credits immagine: quinn.anya/Flickr CC

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