Un network per l’innovazione

Sono aggregazioni territoriali ad alto contenuto tecnologico: in altre parole sono aree (in genere sovrapponibili alla provincia) nelle quali si concentrano università e centri di ricerca e un sistema di piccole e medie imprese pronte a sostenere con investimenti i progetti sviluppati dai ricercatori in determinati settori: dalla biomedicina alle nanotecnologie, dalle telecomunicazioni all’aerospazio, dai beni culturali alla logistica… a seconda delle caratteristiche socioeconomiche del territorio. Sono i Distretti tecnologici, nati qualche anno fa da un’idea dell’allora ministro dell’Università e Ricerca Scientifica e Tecnologica Letizia Moratti, ma oggi sostenuti anche dal governo di centrosinistra. Un modello tutto italiano, pensato per ridurre il tempo e lo spazio tra l’idea innovativa (la conoscenza) e l’applicazione (il prodotto finale). E che oggi viene osservato con attenzione anche oltralpe.

In Italia esistono oggi 19 distretti. Ora quattro di questi si sono riuniti in un’associazione: Adite (Associazione dei Distretti Tecnologici). Si tratta di Veneto Nanotech, per il Distretto per le nanotecnologie del Veneto, Torino Wireless per il Distretto Ict piemontese, Cbm Cluster in Biomedicine per il Distretto tecnologico di Biomedicina molecolare del Friuli Venezia Giulia e Imast, la società di gestione del Distretto tecnologico campano sull’ingegneria dei Materiali polimerici e compositi e Strutture. Ma la speranza è che altri, in futuro, vogliano aderire a questa iniziativa.

“L’idea è quella di collaborare in modo sistematico e strutturato” spiega il presidente di Adite e di Torino Wireless Rodolfo Zich, “in modo da scambiare informazioni, buone prassi e metodologie, facilitare l’accesso reciproco alle competenze e alle infrastrutture già disponibili e promuovere progetti interdisciplinari per raggiungere una massa critica negli investimenti in ricerca e sviluppo”. Un secondo asse strategico, continua il presidente del Distretto piemontese, sarà quello di contribuire a governare il processo di convergenza dei distretti verso un modello interregionale condiviso. “La nostra associazione lavorerà per rafforzare il sistema di innovazione territoriale, promuovere l’aggiornamento continuo e l’ulteriore elaborazione del modello-distretto, promuovere la riconoscibilità nazionale ed internazionale dei distretti italiani e farsi portavoce dei comuni interessi presso gli organismi nazionali e internazionali”, continua Zich.

La sfida da vincere attraverso il networking, la condivisione delle strutture e delle conoscenze, è ovviamente quella della competizione sui mercati globali. “I distretti tecnologici sono uno strumento dalle grandi potenzialità, costruito per aumentare il livello tecnologico e la competitività produttiva delle regioni e quindi di tutto il sistema-paese”, spiega Luigi Nicolais, ministro per le Riforme e l’Innovazione, e già fondatore di Imast, dunque particolarmente sensibile al tema. D’altra parte, il modello tutto italiano dei distretti dovrebbe contribuire a spingere l’imprenditoria, piccola e media, verso nuove direzioni: “Le aziende italiane – continua Nicolais – devono capire che per vincere la competizione bisogna riempire i prodotti di contenuto, e che molto forte deve essere il rapporto dell’industria con i produttori di conoscenza. Solo in questo modo la sfida globale potrà essere vinta”.

Elisa Manacorda

Giornalista, è direttrice di Galileo, che ha fondato nel 1996 con altri giornalisti e ricercatori. Scrive di scienza e tecnologia per le principali testate italiane. E’ docente al Master SGP della Sapienza Università di Roma, collabora con il Master in Comunicazione della Scienza dell'Università di Ferrara. Con Letizia Gabaglio è autrice di "Il Fattore X" sulla medicina di genere.

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