Da una sostanza prodotta dalle sanguisughe potrebbe derivare la prima cura per il virus Ebola. Lo sostiene sull’ultimo numero di The Lancet uno studio dello United States Army Medical Research Institute of Infectious Diseases di Fort Detrick, Maryland. I ricercatori hanno iniettato a nove scimmie infette dal virus la proteina rNAPc2, che impedisce la coagulazione del sangue e che le sanguisughe producono per mantenere fluido il sangue dei loro ospiti. Tre degli animali sono sopravvissuti, mentre normalmente l’Ebola ha una mortalità del cento per cento tra le scimmie. Dalla sua scoperta, avvenuta nel 1976, questo virus per cui non esiste al momento alcuna cura ha causato più di mille morti in Africa, uccidendo il 70 per cento delle persone infette. I contagiati sono colpiti da febbre, diarrea, disturbi al fegato e ai reni, ma si ritiene che nella maggior parte dei casi la morte sia causata proprio da una eccessiva coagulazione del sangue. La rNAPc2, brevettata da una compagnia di Seattle e attualmente in fase di sperimentazione clinica come cura per l’angina, potrebbe servire a rallentare la coagulazione del sangue e dare al sistema immunitario il tempo di sconfiggere il virus. Alcuni virologi sono scettici, ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità sta già studiando la possibilità di usare questa sostanza per combattere l’epidemia in corso in Congo. (n.n.)
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