Salute

Verso un potente antidolorifico che non causa dipendenza come gli oppiodi

Potente come la morfina ma senza essere associato alcuni dei suoi effetti collaterali, quali depressione respiratoria e rischio di abuso. Stiamo parlando di un nuovo composto, una piccola molecola identificata dalla sigla AT-121, che è stato sviluppato e studiato da un team internazionale di ricerca, guidato dalla Wake Forest School of Medicine negli Stati Uniti, insieme all’Istituto Nazionale sull’abuso di droghe degli Usa. Sicuro ed efficace, questo antidolorifico, per ora testato su scimmie, non causa dipendenza, al contrario di quanto avviene solitamente con i farmaci oppioidi. Lo studio è stato pubblicato su Science Translational Medicine.

Utilizzati in medicina per il dolore acuto e cronico (ad esempio nei pazienti oncologici, ma non solo), gli oppiodi sono composti dal forte effetto analgesico e stupefacente. Uno dei rappresentanti più noti e forti della categoria è la morfina, componente dell’oppio estratto dalla pianta di papavero.

La dipendenza da queste sostanze è un tema caldo soprattutto negli Stati Uniti, dove la cosiddetta crisi degli oppiodi – un rapido e crescente aumento del loro uso non appropriato e dell’impennata dei casi di overdose e di decesso, a partire dagli anni 2000 – rappresenta un’emergenza di sanità pubblica. In questa cornice, dove il problema è molto sentito (in Italia i dati sui malati oncologici nel 2011 parlano invece di sottoprescrizione), trovare nuovi composti altrettanto efficaci che però contrastino l’effetto di dipendenza causato dagli oppiodi è una strada importante da percorrere.

Così i ricercatori hanno lavorato su un doppio fronte: da un lato cercando una molecola che agisca sui recettori degli oppioidi naturali, in particolare sul recettore mu, una proteina presente nel nostro organismo che svolge varie funzioni, fra cui controllare l’effetto analgesico e sedativo. Questo recettore rappresenta il principale bersaglio su cui vanno ad agire gli antidolorifici più potenti. L’altro fronte su cui agisce il nuovo composto è quello del recettore NOP, un altro componente della famiglia dei recettori degli oppioidi, che però blocca gli effetti collaterali legati alla dipendenza da questi farmaci. I medicinali attualmente in uso, come il fentanile o l’ossicodone, agiscono soltanto sul primo fronte, dunque come antidolorifici, e sono associati a diversi possibili effetti collaterali, fra cui depressione respiratoria, aumento del rischio di abuso, accresciuta sensibilità al dolore e dipendenza fisica.

Invece, il nuovo composto AT121 combina in una stessa molecola le due attività (antidolorifica e “antidipendenza”), come spiega uno degli autori dello studio, Mei-Chuan Ko: “questo composto, infatti, oltre ad essere efficace contro il dolore è anche in grado di bloccare il potenziale abuso prescrittivo di oppioidi, un effetto simile a quello svolto dalla buprenofina [usata come analgesico e per il trattamento delle dipendenze da oppioidi] contro l’eroina”.

Guardando i risultati dello studio, rispetto alla morfina, col nuovo farmaco basta una dose 100 volte inferiore per raggiungere lo stesso livello di riduzione del dolore. Il tutto, spiegano gli autori, alleviando gli effetti di dipendenza dall’ossicodone, l’oppioide testato nello studio, un farmaco ampiamente prescritto. Il composto AT121, inoltre, non ha causato effetti collaterali quali depressione respiratoria e problemi motori e, una volta interrotto, a partire da tre giorni non aveva alcun effetto di rimbalzo dovuto alla sospensione. Così questa piccola molecola, concludono gli autori, potrebbe diventare un potente antidolorifico senza avere molti degli effetti collaterali della morfina e di altri oppioidi.

Il risultato è stato ottenuto su primati non umani, prosegue l’autore, specie molto simili a quella dell’essere umano: “un elemento importante che indica che composti come AT121 potrebbero diventare un’alternativa praticabile o sostituire la prescrizione di oppioidi”. Il prossimo passo riguarderà lo svolgimento di altri studi preclinici (studi su modelli animali per valutare e confermare sicurezza ed efficacia) per raccogliere un numero maggiore di dati e qualora questi parametri verranno confermati, si potrà procedere alla richiesta di studi sull’essere umano.

Viola Rita

Giornalista scientifica. Dopo la maturità classica e la laurea in Fisica, dal 2012 si occupa con grande interesse e a tempo pieno di divulgazione e comunicazione scientifica. A Galileo dal 2017, collabora con La Repubblica.it e Mente&Cervello. Nel 2012 ha vinto il premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”.

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