Dall’America all’Italia, dottorandi in fermento

La laurea non è il traguardo finale per tutti gli studenti. Alcuni, i cosiddetti “dottorandi”, rimangono nelle università sperando di conquistare il titolo di “dottore in ricerca” in Italia o il famoso PhD (Philosophy Doctor) negli Stati Uniti. Spesso sfruttati dai loro professori e sottopagati per la loro attività di ricerca, i dottorandi hanno ora deciso di dire basta. La ribellione, partita dagli Usa, è arrivata anche in Italia. E, almeno in America, ha ottenuto i primi risultati. A metà novembre il National Labor Relations Board, la magistratura del lavoro americana, ha stabilito che i dottorandi del campus di Yale, impiegati dai professori come assistenti, devono essere considerati a tutti gli effetti lavoratori dipendenti dell’ateneo e come tali hanno il diritto di costituire un sindacato per tutelare i propri interessi. La notizia della sentenza ha avuto ampio spazio sui giornali d’oltre oceano, dal New York Times al Washinghton Post, e la mobilitazione dei dottorandi per ottenere il riconoscimento dei loro diritti si è estesa a macchia d’olio in tutto il paese. Tutto è cominciato nel dicembre ‘95. Gli studenti di dottorato di Yale avevano organizzato uno sciopero di protesta, bloccando gli esami di fine quadrimestre, per ottenere un aumento del compenso di cinquecento dollari al mese con cui l’Università retribuiva il loro lavoro. Il rettore Richard Levin, d’accordo con l’intero corpo dei professori, aveva reagito sospendendo tutti gli studenti coinvolti nella protesta e inserendoli in una lista nera, che avrebbe precluso il loro accesso alle altre università. I dottorandi che volevano evitare il provvedimento erano stati costretti a firmare una dichiarazione di ripudio dell’attività sindacale. Levin aveva assunto dei vigilantes, che con l’aiuto di foto e video, individuassero gli organizzatori della manifestazione e li intimidissero. A gennaio gli studenti avevano ceduto e interrotto lo sciopero. La sentenza del National Labor Relations Board, arrivata a distanza di quasi un anno, ha condannato l’ateneo di Yale per comportamento antisindacale, ha riconosciuto i diritti dei dottorandi e imposto al rettore di affiggere per tutto il campus manifesti con pubbliche scuse per l’accaduto. La notizia della sentenza americana è stata accolta con molto interesse anche in Italia. Dal marzo scorso, gli studenti di dottorato sono sul piede di guerra. Hanno creato un movimento di protesta che utilizza Internet e la posta elettronica come mezzo di comunicazione, hanno redatto un appello che ha raccolto più di 2500 firme e lo hanno inviato a ministeri, rettorati, Presidenza del Consiglio e della Repubblica, gruppi parlamentari, giornali e televisioni. “Pochi sanno chi sono i dottorandi”, spiegano Carlo Sansone e Pasquale Foggia, coordinatori nazionali della protesta. “Giovani che dopo una laurea brillante proseguono gli studi per ottenere il titolo di dottore di ricerca e prepararsi alla carriera universitaria o alla ricerca nell’industria privata. Per tre o quattro anni lavorano a tempo pieno nelle università sotto la supervisione dei professori, ottenendo anche risultati scientifici interessanti. Durante tutta la durata del corso sopravvivono con una borsa di studio di tredici milioni l’anno, mai adeguata al costo della vita dal 1989, e non sono tutelati se lavorano in laboratori o altri ambienti potenzialmente pericolosi. Per di più, dopo quattro anni di studio e di esperienza di ricerca, ottengono un titolo che in Italia è riconosciuto solo nei concorsi all’interno dell’università ed è praticamente ignorato dagli altri enti pubblici e dalle industrie”. Il 21 dicembre una delegazione del movimento si è incontrata a Roma con i consiglieri del ministro Berlinguer, per esaminare la lunga serie di problemi sollevati e sollecitare provvedimenti. Due precedenti riunioni con funzionari del ministero, tenute nei mesi passati, si erano rivelate del tutto inconcludenti. “Questa volta credo che sia stato finalmente avviato un canale politico per dibattere e affrontare le nostre questioni”, ha commentato Federico Pommier, membro della delegazione. I consiglieri ministeriali hanno annunciato che alcuni problemi burocratici e amministrativi dei dottorandi, tra cui l’adeguamento delle borse di studio al costo della vita, saranno oggetto di un provvedimento urgente del Governo entro il 1997.

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