Ddt e lindano probabili sostanze cancerogene

Il lindano, un insetticida usato estensivamente fino a sei anni fa, aumenta fortemente il rischio di linfoma, mentre il Ddt è un “probabile cancerogeno”. Lo annuncia un pannello di 26 esperti della IARC, organo dell’Oms per la ricerca sul cancro e punto di riferimento internazionale per la catalogazione delle sostanze che possono provocare tumori.

Il lindano è entrato in uso a partire dagli anni ’40 ed è stato uno dei pesticidi impiegati più diffusamente in agricoltura fino al 2009, anno in cui è stato vietato in più di cinquanta Paesi dalla Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti. Nonostante il divieto, è ancora permesso come trattamento di seconda linea della scabbia e dei pidocchi. Secondo la Iarc, esistono forti evidenze che l’esposizione al lindano aumenti del 60% il rischio di sviluppare un linfoma non-Hodgkin e abbia effetti negativi sul sistema immunitario. Test su animali suggeriscono inoltre che l’insetticida aumenti l’incidenza di tumori del fegato.

Il Ddt, usato a partire dalla seconda guerra mondiale e proibito poi in diversi Stati tra gli anni Settanta e Ottanta, è ancora usato in alcune parti del mondo per contrastare il diffondersi della zanzara anofele, portatrice della malaria. Anche dove il suo uso sia esplicitamente vietato da anni, l’esposizione al Ddt (e ai suoi derivati, il Dde e il Ddd) è probabilmente ancora in atto, a causa della sua lunghissima persistenza nell’ambiente e di conseguenza negli alimenti.

Nel 2005 la Iarc aveva classificato il Ddt solo come “possibile cancerogeno”, nonostante i sospetti che lo legavano alla formazione di tumori circolassero fin dagli anni Sessanta. Nel 2006 l’Oms aveva poi dato il via libera all’utilizzo del Ddt per la lotta alla malaria, dichiarando che “il Ddt non presenta rischi per la salute se usato correttamente”.

In questi giorni il pannello di esperti della Iarc ha spostato l’insetticida nella lista dei “probabili cancerogeni”. La decisione è stata presa a fronte di forti prove che lo legano ad un aumento nell’incidenza di tumori del fegato e linfomi su cavie. Sono inoltre state osservate correlazioni, seppure ancora controverse, con alcuni tumori umani. E’ di tre settimane fa la notizia che l’esposizione di donne incinte al Ddt aumenterebbe di quasi quattro volte il rischio per le figlie di tumore al seno. Evidenze più consistenti mostrano inoltre effetti avversi del Ddt sul sistema immunitario e sugli ormoni sessuali.

In Italia l’uso di entrambi i pesticidi incriminati è vietato da anni: il lindano è stato messo al bando nel 2001, mentre sul Ddt vige il divieto di utilizzo, con eccezioni in ambito di floricoltura e zootecnia, dal 1978. Tuttavia entrambe le sostanze sono state recentemente al centro di scandali di contaminazione ambientale. La produzione di Ddt è stata permessa fino al 1996, anno in cui è stata rilevata la contaminazione dei pesci del lago Maggiore da parte dello stabilimento produttivo di Enichem a Pieve Vergonte. Più recentemente il lindano è stato al centro del disastro ecologico della Valle del Sacco, sede di uno stabilimento chimico che produceva l’insetticida (a Colleferro, in provincia di Frosinone). Un derivato del lindano, il beta-esaclorocicloesano, è stato rilevato in quantità massicce nel latte crudo di un’azienda agricola del comprensorio, tanto da far scattare la dichiarazione di stato di emergenza ambientale nel 2005.

Credits immagine: via Pixabay

Questo articolo è stato prodotto in collaborazione con il Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara.

 

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