Un nuovo marcatore per scoprire l’Alzheimer?

    di Valeria Andreoni

    Monitorare la sostanza bianca per tenere sotto controllo l’Alzheimer. È questa la scoperta di un gruppo di ricercatori l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano che mira alla diagnosi precoce della patologia neurodegenerativa. Pubblicato sulla rivista Radiology, lo studio potrebbe infatti aver individuato un marker efficace per l’Alzheimer: i danni alla sostanza bianca, la sostanza cioè che costituisce i fasci di fibre nervose che uniscono encefalo e midollo spinale, potrebbero essere non una conseguenza dell’avanzare della malattia, ma anzi i primi segnali d’allarme.

    Con il rapito invecchiamento della popolazione mondiale, le demenze costituiscono sempre più un problema rilevante di sanità pubblica. L’Organizzazione mondiale della sanità stima che in tutto il mondo sono oltre 47 milioni le persone affette da demenze, con 7 milioni di nuove diagnosi ogni anno. Nel 60%-70% dei casi poi si tratta di Alzheimer; con 30 milioni di malati, di cui 700000 solo in Italia, questa patologia è infatti la demenza più diffusa.

    Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa cronica che colpisce in prima istanza l’ippocampo, sede della memoria a breve termine, per poi diffondere al resto del cervello. I sintomi che quindi la contraddistinguono sono una progressiva perdita delle capacità mentali basilari, disorientamento, cambiamenti repentini di umore e depressione. Ciò comporta la totale incapacità di prendersi cura della propria persona e un conseguente isolamento nei confronti della società. Come avvenga però questa progressione e quali siano le cause non è ancora del tutto noto.

    Studi pregressi hanno mostrato come la malattia sia associata alla degenerazione della sostanza grigia, con comparsa di placche amiloidi e ammassi neurofibrillari. Non è però solo la sostanza grigia ad essere attaccata. Lo stesso avviene per la sostanza bianca.Lo studio dell’Ospedale San Raffaele di Milano sposta l’attenzione su questa parte del sistema nervoso, mostrando come proprio la degenerazione della sostanza bianca potrebbe in alcuni casi essere un marker del morbo di Alzheimer.

    Il gruppo di ricerca, guidato da Massimo Filippi, ha analizzato la sostanza bianca in 53 pazienti utilizzando il tensore di diffusione, uno strumento di risonanza magnetica. Lo studio è stato svolto focalizzandosi su tre differenti tipologie di Alzheimer, l’Alzheimer precoce e due forme rare che comportano disturbi visivi e deficit di linguaggio. Il nostro obiettivo era quello di utilizzare il tensore di diffusione per identificare somiglianze e differenze nei danni alla sostanza bianca per tutta lo spettro del morbo di Alzheimer e in relazione ai modelli di atrofia corticale”, dichiara Federica Agosta, co-autrice della ricerca.

    I risultati rivelano che i pazienti affetti dalle tre tipologie di Alzheimer mostrano danni a questa specifica parte del sistema nervoso, “molto più gravi e diffusi del previsto, che non possono essere spiegati solo come mera conseguenza dell’atrofia della materia grigia”, continua la ricercatrice.

    La degenerazione in questione potrebbe pertanto essere un sintomo molto più rilevante di quanto ritenuto in precedenza e potrebbe quindi essere un importante punto di partenza per una patologia per la quale sono state sviluppate solo terapie che ne rallentano l’avanzamento e trattamenti preventivi.

    Riferimenti: White Matter Degeneration in Atypical Alzheimer DiseaseFrancesca Caso, MD, Federica Agosta, MD, PhD, Daniele Mattavelli, MD, Raffaella Migliaccio, MD, PhD, Elisa Canu, PhD,Giuseppe Magnani, MD, Alessandra Marcone, MD, Massimiliano Copetti, PhD, Monica Falautano, MD, Giancarlo Comi, MD,Andrea Falini, MD, Massimo Filippi, MD, Radiology: DOI: http://dx.doi.org/10.1148/radiol.2015142766

    Credits immagine:Radiological Society of North America

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