La biodiversità come rimedio naturale all’eutrofizzazione

    Quanto più alto è il numero di specie algali presenti in un corpo idrico (elevata biodiversità), tanto più efficiente sarà la rimozione delle sostanze inquinanti – come l’azoto – che causano l’eutrofizzazione dell’acqua. Il tutto, grazie alla “collaborazione” tra le diverse specie, che operano ripartendosi le nicchie ecologiche. Uno studio della Michigan University, pubblicato su Nature, ne dimostra il meccanismo.

    L’eutrofizzazione è una delle forme più diffuse di inquinamento in ambiente acquatico, e si verifica quando un eccessivo carico di nutrienti favorisce la crescita fuori misura di alcune specie algali: questo fenomeno determina il consumo dell’ossigeno disciolto in acqua, e porta spesso alla degradazione o alla morte dell’intero ecosistema locale. Le sostanze responsabili dell’eutrofizzazione sono fosforo e azoto: quest’ultimo, comune fertilizzante agricolo, dai campi raggiunge facilmente laghi, fiumi e zone costiere, degradando la qualità dell’acqua. In ogni caso, se gli ecosistemi sono inalterati (quindi se la loro biodiversità è intatta), riescono a rimediare al danno, ripulendo l’ambiente. Finora, però, nessuno aveva dimostrato in che modo opera la biodiversità per fornire questo servizio.

    Ci è riuscito per la prima volta Bradley Cardinale, autore dello studio, che ha svelato in che modo specie diverse di alghe aiutino a rimuovere, dai flussi d’acqua, l’eccesso di nutrienti che ne degrada la qualità. Per farlo, ha utilizzato 150 modelli diversi di flussi idrici artificiali, che riproducono altrettanti sistemi presenti in natura. In ognuno di questi modelli ha introdotto da una a otto specie di alghe diverse (diatomee e alghe verdi), e per ogni comunità algale ha misurato la capacità e l’efficienza nell’assimilazione dell’azoto.

    Il principio fondamentale, su cui lo scienziato ha costruito l’esperimento, è che ogni sistema o ambiente naturale – in questo caso i corsi d’acqua – non è uniforme, ma caratterizzato da un insieme di parametri chimici e fisici (acidità, temperatura, velocità del flusso, portata, turbolenze, profondità, ecc.) variabili. Tali parametri possono cambiare nel raggio di pochi metri, determinando le caratteristiche biologiche di una determinata area. Ogni punto che abbia una combinazione diversa di questi parametri costituisce una nicchia ecologica (una sorta di micro-habitat distinto dagli altri, ma che interagisce con essi): ogni specie è adattata ad una determinata nicchia ecologica, nella quale è più efficiente (cresce meglio, trova e assimila più facilmente i nutrienti, ecc.).

    Come primo risultato dell’esperimento, Cardinale ha riscontrato che all’aumentare della ricchezza di specie, corrispondeva un aumento lineare nella captazione della sostanza inquinante. In particolare, nelle comunità composte da tutte e otto le specie l’efficienza di rimozione di azoto dall’acqua era superiore di circa 4,5 volte, rispetto alle comunità composte dalle singole specie. Le alghe, infatti, incorporano le sostanze inquinanti nelle loro cellule, rimuovendole dall’acqua: quanto maggiore è la biomassa algale tanti più inquinanti vengono rimossi.

    In secondo luogo, il ricercatore ha osservato che in ogni modello di flusso (habitat) in cui aveva introdotto comunità composte da più specie, una dominava comunque sulle altre – quella meglio adattata a quel tipo di ambiente – , e che alghe morfologicamente diverse dominavano in habitat differenti. Inoltre, semplificando un flusso contenente più specie fino a renderlo uniforme, la diversità si riduceva ad una sola specie, l’unica cioè in grado di “funzionare” in quella nicchia ecologica.

    “Il contributo più importante di questo esperimento è aver individuato il meccanismo, e mostrato perché comunità composte da più specie sono più efficienti nella rimozione dei nutrienti dall’acqua”, spiega Cardinale. Questi risultati, infatti, hanno suggerito allo scienziato che il meccanismo di base sia una “ripartizione della nicchia ecologica”: ogni specie è adattata a determinate condizioni e occupa una nicchia ben definita; se il numero di specie aumenta, aumenta anche il numero di nicchie ecologiche che vengono filtrate e ripulite all’interno del corso d’acqua. Di conseguenza maggiore è la biodiversità presente, più inquinanti verranno rimossi.

    “L’implicazione fondamentale di questo studio – aggiunge l’autore – è che habitat che conservano la propria diversità [di specie] sono migliori nel rimuovere gli inquinanti che noi immettiamo nell’ambiente, e la perdita di biodiversità, attraverso l’estinzione di specie, potrebbe realmente compromettere la capacità del pianeta di ripulirsi”.

    Beni e servizi della biodiversità

    Le innumerevoli forme di vita che ci circondano – dalle più complesse, come piante e animali, alle più semplici, come i batteri – svolgono importanti servizi ambientali (la pulizia dell’acqua è appunto uno di questi) da cui l’uomo trae beneficio gratuitamente, spesso senza rendersene conto, dal momento che essi sono sempre stati naturalmente disponibili. Sempre più spesso le attività antropiche alterano gravemente i sistemi naturali, questi servizi vengono meno e l’uomo è costretto ad intervenire per rimpiazzarli: le tecnologie moderne permettono di farlo, ma i costi sono elevati. Per questo motivo gli scienziati ribadiscono continuamente l’importanza di tutelare gli ecosistemi naturali, conservandone la biodiversità. Ma quali sono i servizi che la natura ci offre? Gli scienziati li dividono in quattro categorie principali:

    – servizi di approvvigionamento(o di fornitura): sono quelli dai quali l’uomo ricava beni materiali: da acqua,  piante e animali, ad esempio, derivano cibo, fibre e tessuti, medicinali, legname e carburanti. L’acqua è un elemento fondamentale per la salute e la sopravvivenza stessa dell’uomo; le piante, coltivate o meno, sono alla base dell’alimentazione umana (riso, cereali, ma anche frutta e verdura); lo stesso per gli animali dei quali otteniamo carne e altri prodotti derivati; ecc.

    – servizi di regolazione: sono i meccanismi naturali che regolano il clima (sul quale gli ecosistemi hanno una forte influenza: si pensi alla foresta amazzonica, un enorme serbatoio di umidità da cui deriva circa il 50% dell’acqua delle precipitazioni che  cadono sull’intera regione), l’acqua (le inondazioni ad esempio si verificano quando gli argini dei fiumi, alterati, non riescono più a contenerne il flusso alimentato da forti piogge); ecc.

    – servizi di supporto: la formazione e la fertilizzazione del suolo, ad esempio, ad opera dei microrganismi che trasformano le sostanze organiche in materiale inorganico assimilabile dalle piante; la purificazione dell’acqua e dell’aria; l’impollinazione, principalmente opera di insetti e altri animali; la fotosintesi; ecc.

    – servizi culturali (o ricreativi): la bellezza della natura contribuisce allo svago (si pensi ad esempio all’escursionismo o all’ecoturismo, e alle molte altre attività che si possono fare a contatto con la natura).

    Fonti:
    Nature
    ; doi:10.1038/nature09904
    European Commission Environment

    Credit immagine: PROYECTO AGUA** /** WATER PROJECT su Flickr

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