Cyberscuola domani

Studenti – magari lontani migliaia di chilometri – che frequentano in Internet la stessa “classe virtuale”, collaborano con i docenti alla realizzazione delle lezioni e condividono risorse mulimediali, fino a incontrarsi nella stessa biblioteca nel cyberspazio.

E’ questo uno degli esiti a cui potrebbe portare la diffusione delle nuove tecnologie nell’istruzione. Una prospettiva molto interessante per quei paesi che, come l’Italia, si stanno dotando ora delle nuove tecnologie e cominciano ad affrontare il problema del loro uso. E le sperimentazioni di successo a cui guardare non mancano.

Ha iniziato la Gran Bretagna nel 1994 con i corsi della Open University, che sono diventati un punto di riferimento obbligato per gli altri paesi. In Italia, la realizzazione più avanzata in ambito universitario è il corso di Teoria e Tecniche dei Nuovi Media, realizzato nel 1997 da Mario Ricciardi all’interno del corso di Laurea in Scienze della Comunicazione dell’Università di Torino.

Dopo le prime lezioni in cui studenti e docenti si sono incontrati nelle tradizionali aule universitarie, il corso si è svolto totalmente on line. Da quel momento, tutta l’attività didattica e le operazioni connesse (consultazione della biblioteca, colloqui con i docenti, rapporti con la segreteria, fino alle chiacchiere di corridoio) si sono svolte in ambienti virtuali. La valutazione dei trenta studenti è avvenuta in sei prove successive – ovviamente on line – tra cui test ed esercitazioni pratiche sull’uso dei nuovi media.

Gli strumenti usati per costruire l’Università virtuale sono un sistema di computer conferencing (Cow) e un apposito sito web in cui il sistema è stato integrato. Il computer conferencing ha gestito la comunicazione fra i partecipanti, mentre nel sito web sono stati riprodotti gli ambienti universitari. L’integrazione dei due sistemi è uno dei punti di forza del progetto. Come ha spiegato Ricciardi nel corso del VI Convegno di informatica umanistica che si è tenuto recentemente a Roma, “la componente gerarchica che è tipica del conferencing system – e che consente di guidare i rapporti fra gli studenti, i tutor e i docenti – viene equilibrata con i vantaggi di un ambiente non gerarchico come il web, molto aperto e che sfrutta i linguaggi multimediali”.

Entrando nella classe virtuale gli studenti hanno trovato un ipertesto con i contenuti del corso e il sistema di conferenza. La Biblioteca, invece, non contiene testi, ma una serie di puntatori a pubblicazioni in rete e un data-base tematico. L’aula multimediale, infine, offre una dimostrazione delle varie espressioni multimediali in rete.

Al momento della domanda d’iscrizione al corso, circa l’80% degli studenti ha dichiarato di possedere già il computer e il 50% un modem. Gli studenti, dunque, sono più aperti all’innovazione dell’università che dovrebbe insegnare loro? Parrebbe proprio di sì, se è vero che gli studenti dell’Università di Boston sono stati chiamati dai loro docenti ad aiutarli nel tenere i corsi che impiegano nuove tecnologie. O forse sta veramente cominciando a nascere quella nuova comunità interrativa di docenti e studenti che è uno dei risultati auspicati dello sviluppo delle reti.

Fra gli altri progetti italiani che prevedono l’uso di risorse telematiche, un ruolo di assoluto rilievo è svolto dall’Istituto delle Tecnologie Didattiche (Itd) del Cnr di Genova.

Oltre a numerose sperimentazioni realizzate negli anni precedenti, l’Itd sta organizzando ora “Polaris”, un corso rivolto ai docenti della scuola secondaria. Alcune decine di insegnanti distribuiti su tutto il territorio nazionale potranno familiarizzare con la didattica on-line, usando un sistema di computer conferencing di tipo First Class.

Infine, c’è anche chi ha pensato a un’intera città virtuale. E’ Ef, un’organizzazione specializzata in soggiorni all’estero per studenti – molto diffusa anche nelle scuole italiane – che ha pensato di realizzare English Town per lo studio dell’inglese. Ogni studente sarà rappresentato da un “avatar” e potrà dialogare (grazie a un microfono) con l’insegnante e gli studenti (fino a mille) dislocati in tutto il mondo. Il software, sviluppato dalla Sun Microsystem, consentirà anche di condividere una lavagna elettronica e una biblioteca multimediale. E dopo le lezioni ci si potrà rilassare conversando con gli amici alla piscina o al bar (ovviamente virtuali) della English Town.

Chi volesse navigare ancora alla ricerca di scuole virtuali, può collegarsi a “Distance Learning on Internet” realizzato da ECO-Crea dell’Università di Firenze, un sito italiano aggiornato sulla ricerca e ricco di link alle esperienze più significative.

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