Cancro, una nuova ipotesi di cura

Il cancro si può arrestare bloccando la formazione di nuovi vasi sanguigni. Infatti, se si inibisce il processo di vascolarizzazione – l’angiogenesi – all’interno delle formazioni tumorali, l’ossigeno e i nutrienti non raggiungono le masse di cellule malate. Di conseguenza il tumore regredisce. E’ questo, in sintesi, l’incoraggiante risultato raggiunto da un’équipe di ricercatori di Boston e pubblicato questa settimana da “Nature”.

I tumori solidi, per aumentare di volume, hanno bisogno di nuovi vasi che li riforniscano costantemente di sangue. Le stesse cellule cancerose, infatti, sono capaci di produrre sostanze che stimolano la vascolarizzazione e molecole che inibiscono il processo. Il nuovo sistema di cura è stato già testato con successo su topi ammalati di fibrosarcoma, carcinoma del polmone e melanoma: l’endostatina, un potente inibitore dell’angiogenesi, ha fatto regredire i tumori a dimensioni minime, li ha resi quiescenti, ma, soprattutto, non ha dato luogo a fenomeni di resistenza.

Il risultato è ancora più interessante se si pensa che molti dei farmaci anticancro oggi disponibili non raggiungono gli effetti terapeutici desiderati perché i pazienti, dopo qualche ciclo di cura, non rispondono più alla terapia. La resistenza, tipica per esempio di alcuni melanomi e tumori della prostata, è dovuta alla natura stessa delle cellule cancerose, eterogenee e geneticamente instabili: un pessimo bersaglio farmacologico. Ma i ricercatori americani hanno aggirato l’ostacolo. Hanno puntato sulle cellule del sangue che danno origine ai nuovi capillari. Le cellule endoteliali – così si chiamano questi elementi cellulari – rappresentano infatti ottimi candidati: sono stabili e omogenee, e di conseguenza costantemente sensibili all’azione dei farmaci.

Per dimostrare che questa nuova terapia non provoca resistenza, gli autori della ricerca hanno trattato gli animali con diversi cicli di iniezioni di endostatina. Dopo la regressione della massa cancerosa, che si verificava al termine di ogni ciclo, gli studiosi hanno interrotto la terapia e permesso al tumore di ricrescere. Quindi hanno ripreso la somministrazione del farmaco. Ebbene, alla fine di ogni trattamento la massa di cellule cancerose regrediva sempre, proprio come dopo il primo ciclo. E il tutto, sembrerebbe, senza gli effetti collaterali tipici invece delle altre terapie anticancro.

“I risultati ottenuti da Judah Folkman del Dana Farber Cancer Center e dai suoi collaboratori potrebbero annunciare una nuova era nel trattamento del cancro – afferma Robert S. Kerbel dell’Università di Toronto, che ha commentato la ricerca sulle pagine del settimanale britannico – ma questa era potrebbe essere ancora lontana. L’endostatina – continua il ricercatore – è una proteina, e come tale deve essere somministrata con iniezioni sottocutanee o peritoneali. Vista la probabile natura cronica della terapia anti-angiogenica, sarà necessario prevedere una somministrazione orale per assicurare al paziente la possibilità di seguire le indicazioni del medico”. E poi non bisogna sottovalutare, continua Kerbel, la questione dei costi e dell’eventuale tossicità a lungo termine associate alla nuova terapia. “Infine – conclude – l’esperienza ci insegna a essere cauti nell’equiparare i tumori dei topi a quelli spontanei della specie umana”.

Ancora qualche anno e ulteriori prove ci separano dunque dalla sperimentazione clinica. Ma la strada, viste le premesse, potrebbe essere quella giusta.

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