Un’Icona per l’Aids

“Vogliamo fotografare la realtà di un segmento di popolazione Hiv-positiva italiana”. Così Mauro Moroni, direttore dell’Istituto di Malattie infettive e tropicali dell’Università di Milano, parla di I.co.n.a., il nuovo studio di coorte italiano, avviato la scorsa estate e presentato recentemente a Roma. “I.co.n.a. sta per Italian cohort naive antiretrovirals, e in Italia è il primo studio nel suo genere, per ampiezza di casistica (saranno coinvolte almeno 3000 persone sieropositive) e durata del tempo di osservazione del campione, che sarà di 10 anni”, continua Moroni, coordinatore del progetto. Gli studi di coorte sono indagini osservazionali protratte nel tempo, e condotte su un gruppo di volontari selezionati all’origine. Il campione viene seguito negli anni per valutare l’evoluzione della malattia utilizzando uno o più parametri – biologici, clinici, sociologici o epidemiologici – come indicatori.

Attualmente sono stati arruolati in I.co.n.a. già 2000 volontari naive, cioè mai sottoposti prima a terapie antiretrovirali, ma si conta di coinvolgerne almeno altri mille. Ogni sei mesi per 10 anni, i pazienti verranno sottoposti a controlli e i loro dati – demografici, comportamentali, clinici, laboratoristici, ecc. – saranno inseriti in un database. Sono 64 i centri ospedalieri di Malattie infettive dislocati in tutto il territorio nazionale che partecipano al progetto. A coordinarli ci sono sei sedi universitarie. Ai pazienti viene chiesta la disponibilità a partecipare all’iniziativa con la massima garanzia di riservatezza.

Ma qual è, in questo momento e in Italia, il significato di uno studio osservazionale prospettico sull’Aids? “L’esigenza di progettare un’indagine di coorte nasce dal bisogno di capire cosa cambia nella storia dell’Hiv soprattutto in rapporto ai nuovi approcci di cura”, spiega Moroni. “Questo studio, infatti, non presuppone nessun trattamento preordinato. Non ci sono condizionamenti sulle scelte diagnostiche dei singoli centri. Per questo motivo emergerà la situazione nazionale così com’è, e la sua evoluzione nel tempo. Inoltre la scelta di pazienti naive ci permetterà di dare risposte significative, oltre che sulla qualità della vita e sulle esigenze dei pazienti, anche sull’efficacia, la tossicità, la capacità di accettazione delle nuove terapie”.

Negli ultimi tempi, infatti, la ricerca ha riportato molte vittorie sull’Hiv, sia nelle conoscenze sulla patogenesi della malattia, sia nell’ambito della cura stessa dell’infezione. I cocktail farmacologici hanno sostanzialmente sostituito la monoterapia . Le persone scelte come campione nei nuovi studi osservazionali saranno prevalentemente trattate proprio con tre farmaci: due inibitori della trascrittasi inversa e un inibitore della proteasi. In questo modo potrà essere valutata l’efficacia nel tempo delle nuove possibilità terapeutiche.

Qual è il vantaggio che i pazienti, la comunità scientifica e le istituzioni possono ottenere da uno studio di coorte? “Queste indagini rappresentano lo strumento per conoscere la malattia e per seguirne nel tempo i cambiamenti. Il vantaggio per le persone malate – conclude Moroni – consiste in questo: la conoscenza può essere tradotta in avanzamenti delle strategie contro il male. Inoltre le informazioni ottenute saranno un patrimonio per la comunità scientifica o per le istituzioni che potranno utilizzarli direttamente o per produrre altre ricerche”.

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