Roma al tempo degli elefanti

Maestosi e temibili, ma, al tempo stesso, teneri e impacciati, gli elefanti hanno da sempre attratto sia gli scienziati che il pubblico profano. Tanto che, più di 250 tra archeologi, paleontologi e studiosi dell’evoluzione ambientale, dedicano per la prima volta a questi grandi pachidermi un congresso internazionale. È “World of Elephants” e si svolgerà a Roma dal 17 al 19 ottobre prossimi nella sede del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Protagonisti saranno i proboscidati in senso lato: elefanti, mammut, mastodonti, stregodonti e altre specie più primitive. Ma perché la comunità scientifica si interessa tanto a questi animali? Le ragioni vanno rintracciate in quella che A.S. Romer nel 1966, nel suo “Vertebrate Paleontology”, definiva “una delle storie più spettacolari”, in riferimento proprio all’evoluzione dei proboscidati. Il loro cammino, durato circa 55 milioni di anni, ne ha dimostrato, infatti, l’estrema capacità di adattamento, che li ha resi praticamente onnipresenti, sparsi nel Vecchio e nel Nuovo Continente. Hanno popolato la gran parte degli ambienti offerti loro dalla natura: da quelli semiacquatici a quelli desertici, dalla foresta pluviale alla tundra alla savana. Un esempio della loro adattabilità viene dallo studio della cosiddetta “steppa dei mammut”, nella Russia orientale. Questi mammiferi sopravvissero alle dure condizioni del periodo glaciale, mentre altre specie animali e vegetali perirono. Usando la folta pelliccia come isolante e il grasso corporeo come fonte di energia. Ne abbiamo parlato con Maria Rita Palombo, del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Roma La Sapienza, nonché membro del Comitato organizzatore del Congresso.

Dottoressa Palombo, perché è stata scelta Roma come sede del convegno?

“Perché proprio il sottosuolo laziale si è rivelato ricco di resti archeologici e paleontologici. Non c’è da stupirsene, visto che, fino a 40 mila anni fa, era una terra fertile e ricca di laghi con acqua e cibo in abbondanza. La sua natura vulcanica, inoltre, ha consentito l’ottima conservazione dei reperti, in una sorta di “effetto Pompei”. Quando il clima si raffreddò, gli elefanti scomparvero, mentre i mammut, più resistenti, sopravvissero fino a 18 mila anni fa. In particolare, nella campagna romana sono stati dissotterrati numerosi fossili di “Elephas antiquus” e di “Mammuthus”. I giacimenti più rilevanti sono stati individuati nella zona di Casal de’ Pazzi e di Saccopastore (tra la Nomentana e la Tiburtina) e lungo la via Aurelia (La Polledrara, Torre in Pietra, Castel di Guido)”.

Qual è l’ipotesi più accreditata sull’origine dei proboscidati?

“L’evoluzione dei proboscidati sembra iniziare dalle meritariti, piccoli mammiferi semiacquatici, i cui fossili sono stati scoperti recentemente nel Nord Africa. Da qui, si diramano i gruppi che hanno portato agli elefanti. Anche studiando il Dna dei mammut si sono potuti stabilire collegamenti genetici tra questi e gli elefanti”.

Perché nelle isole gli elefanti presentano dimensioni ridotte?

” Nelle isole del Mediterraneo (Sicilia) e della California (Santa Rosa) ci si trova di fronte a “elefantini”: 90 centimetri di altezza al garrese. Si tratta di una problematica interessante, studiata da oltre 50 anni, ma ancora poco chiarita. Un particolare significativo è, però, quello del cranio, decisamente rotondeggiante. Di certo, sappiamo che una testa di questa forma e di queste dimensioni mantiene le caratteristiche di un cranio giovane e detiene una capacità cranica superiore a quella umana. Una curiosità: le narici, particolarmente aperte, interpretate, nell’antichità, alla stregua di un occhio centrale, hanno, forse, dato origine al mito di Polifemo”.

Quale il ruolo degli elefanti nell’immaginario collettivo?

“E’ questo un tema tanto interessante che gli verrà dedicata una sessione del convegno, abbastanza nutrita di testimonianze: dai graffiti ritrovati nelle caverne con immagini di mammut, alle monete puniche raffiguranti gli elefanti, all’iconografia, corredata di miti e leggende, dell’antichità classica. Ciò dimostra che uomini ed elefanti interagivano tra loro, in un tempo geologicamente recente, due milioni e mezzo di anni fa. Troppo potenti per essere predati, gli elefanti fornivano materiali per utensili, come prova il ritrovamento di resti di carcasse e di monili costruiti con l’avorio, già nell’età del Bronzo. Il tema dell’utilizzo dell’avorio si collega, inoltre, al problema della sua attuale esportazione e alla piaga del bracconaggio, a testimonianza del particolare significato che il Congresso assume al giorno d’oggi”.

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