Salute, singolare maschile

La salute della popolazione femminile è quanto meno trascurata. Escluse dai trial clinici, ignorate nei sintomi specifici, le donne oggi si trovano a dover far fronte a delle vere e proprie emergenze. Come le malattie cardiocircolatorie che, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono diventate la prima causa di morte per le donne, ma anche stress, ansia e depressione. E ancora il cancro, non solo al seno ma anche ai polmoni. D’altra parte, la prevenzione ignora le donne, fatta eccezione per la gravidanza. I test sui medicinali trascurano gli effetti collaterali sull’organismo femminile e i dispositivi per la chirurgia medica, come i bypass, non sono tarati sull’anatomia femminile, diversa dall’uomo anche nelle arterie, più fragili e sottili. Risultato: negli ultimi trent’anni le donne hanno accorciato le distanze sugli uomini, e oggi sono più esposte ad alcune patologie. E il detto comune per cui l’infarto era definito ‘the widow maker disease’ – la malattia che rendeva vedove, perché colpiva gli uomini di mezza età – oggi non vale più. Anche le donne muoiono a causa di attacchi cardiaci e nelle forme più gravi hanno addirittura superato gli uomini. Adottare in campo medico una prospettiva di genere è quindi il primo passo per pensare una salute a misura di donna. Partendo naturalmente dalla prevenzione. Galileo ne ha parlato con Laura Corradi, sociologa della salute e dell’ambiente che insegna all’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Come si è trasformata la salute della donna con il mutare del suo ruolo sociale?

“La salute della donna è cambiata proprio perché è cambiato il suo ruolo sociale. Oggi la donna è overcommitted – si confronta cioè con un carico di impegni maggiore rispetto a quelli che è in grado di gestire . Molte donne devono fare i conti con la fretta, con una maggiore ansia e un aumento dello stress e dei disturbi correlati. Oggi poi rispetto al passato le malattie cardiocircolatorie, sono divenute la prima causa di morte per le donne. Tra le cause il sovrappeso, che interviene soprattutto dopo una certa età, e il fumo in costante aumento soprattutto tra le donne giovani. Altre emergenze sono la depressione e il cancro”

Quali accorgimenti dovrebbe considerare una medicina basata sul genere?

“Le differenze di genere, soprattutto quando si elaborano le campagne di prevenzione. Che dovrebbe essere ‘culturally sensitive’, includere anche le differenze culturali e sociali. E’ necessario inoltre modificare anche il tipo di prevenzione. Che in Italia è soprattutto secondaria, e punta alla diagnosi precoce. Come per il tumore alla mammella, o al collo dell’utero. Bisogna insistere invece sulla prevenzione primaria, assente nel nostro Paese. Alcuni dati infatti sono preoccupanti: il cancro al polmone, per esempio, è in aumento in Italia anche tra le non fumatrici”.

Come andrebbe impostata la prevenzione?

“Una prevenzione primaria orientata al genere deve tener conto dei fattori culturali e degli stereotipi. Dovrebbe combattere l’associazione tra fumo ed emancipazione femminile, un’accoppiata propagandata da film e pubblicità che ha ancora oggi molto seguito. E poi dovrebbe considerare le donne lungo tutto l’arco della vita, e non solo durante la gravidanza, come finora hanno fatto le campagne per le donne sugli effetti nocivi del fumo. Agire solo sul senso di colpa porta a risultati scadenti. Maggiore attenzione meriterebbero le giovani fumatrici che in Italia sono in continuo aumento, più dei coetanei uomini. Nei loro confronti, a differenza di altri Paesi, la prevenzione è del tutto assente”.

Quali strategie bisognerebbe attuare per la prevenzione del cancro e delle malattie sessualmente trasmissibili?

“Il cancro è una malattia multifattoriale, anche la prevenzione quindi deve essere fatta a più livelli. Concentrandosi anche sui fattori ambientali all’origine della malattia, come i cibi che mangiamo contaminati dal cloro, sostanza cancerogena presente nell’acqua. Per quanto riguarda l’Aids poi non c’è stata mai una campagna pubblicitaria espressamente rivolta alle donne. Oggi le campagne si concentrano sull’uso dei profilattici e trascurano alcuni canali di trasmissione del virus come i rapporti orali sia dell’uomo verso la donna che quelli tra donne. Per promuovere la salute delle donne è necessario parlate di sessualità rispetto al genere”.

E’ possibile attuare una prevenzione che vada oltre il singolo individuo?

“Si, grazie a un approccio globale, perché il concetto di salute non è solo individuale ma collettivo. Questa convinzione, comune alle popolazioni del Centroamerica, dei Caraibi e del Subcontinente Indiano, è ancora estranea alla nostra cultura. Che oltre a considerare le cause scientifiche dovrebbe mantenere una prospettiva sociale. Non può esserci prevenzione e promozione della salute se ci si concentra solo sull’individuo astratto. Bisogna, a mio avviso, considerare la salute un obiettivo che, a partire dalle differenze di genere, coinvolge l’intera collettività”.

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