Il ritorno della Tbc

La tubercolosi è ancora un’emergenza sanitaria. Se nei paesi in via di sviluppo lo è sempre stata, ora torna ad esserlo in Europa e anche in Italia. A dirlo sono i dati 2011 del dipartimento Stop Tb dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) che vengono ricordati oggi, Giornata Mondiale per la Lotta alla Tubercolosi, anniversario della scoperta del batterio Mycobacterium tuberculosis da parte di Robert Koch

Nel globo si contano nove milioni e mezzo di nuovi casi l’anno, di cui 440 mila sono forme resistenti ai farmaci e che causano 150 mila decessi. In tutto, sono due milioni le persone che ogni anno muoiono per questa malattia. Inoltre, secondo un rapporto (Tuberculosis surveillance in Europe 2009) appena pubblicato dall’European Centre for Disease Prevention and Control e dal centro europeo dell’Oms, le incidenze più elevate a livello mondiale di forme multi-resistenti sono state registrate proprio in Europa. Anche i contagi tra i bambini crescono nel Vecchio Continente: solo nel 2009 si sono avuti 3.300 nuovi casi. 

La cronaca milanese di questi ultimi giorni ci ha ricordato che, anche in Italia, la tubercolosi è tutt’altro che scomparsa. Un microfocolaio ha coinvolto una scuola elementare, la Leonardo da Vinci, e lo screening a tappeto sui 944 studenti, conclusosi lo scorso 8 marzo, ha rivelato 161 bambini positivi e 15 malati. Nessun allarmismo: la scuola non è stata chiusa e le indagini sono state portate avanti velocemente. A preoccupare, infatti, non sono i microfocolai – che non di rado si sviluppano in paesi a bassa endemia come il nostro e che sono episodi isolati -, ma il fatto che la persistenza e l’incidenza della malattia (nel nostro paese si verificano più di 4.000 nuovi casi l’anno) vengano sottovalutate.

“I rischi sono legati, in primis, al fatto che la Tbc spesso non viene riconosciuta; questo perché da anni non viene trattata nelle facoltà di medicina delle università”, spiega Luigi Ruffo Codecasa, responsabile del centro regionale di riferimento per i controllo della tubercolosi in Lombardia. “Un altro rischio  – continua il medico – è legato all’uso di farmaci immunosoppressori. Nelle persone positive, il bacillo è sempre presente e pronto a tornare all’attacco se il sistema immunitario viene compromesso. Per questo, per legge, si devono eseguire i test di positività prima di sottoporre un paziente a una terapia immunosoppressiva. Purtroppo non sempre questa procedura, semplice e poco costosa, viene seguita”. 

Proprio per la natura del batterio, quindi, le persone più soggette alla malattia sono quelle che hanno più di 60 anni che in passato l’hanno già contratta. Esiste anche un rischio legato all’immigrazione da regioni in cui la Tb ha un’alta incidenza. “Ma non è la clandestinità o l’immigrazione in sé che si collega alla malattia”, precisa Ruffo Codecasa: “è il disagio psicofisico in cui si trovano queste persone. Sono le pessime condizioni di vita che provocano il risveglio del bacillo”. 

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