Categorie: Salute

5mila volontari cercansi per combattere l’ebola

“Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro: di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza”. È l’incipit della versione moderna del giuramento di Ippocrate, la promessa che ogni medico è tenuto a pronunciare solennemente prima di iniziare a esercitare la professione. A queste parole ha fatto appello Jim Yong Kim, presidente della Banca Mondiale, invitando gli operatori sanitari di tutto il mondo, come racconta la Bbc, a fare volontariato e aiutare a contenere l’epidemia di ebola in Africa occidentale. Kim, nel corso di una visita in Etiopia, accompagnato dal Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha detto che servono almeno 5mila persone, tra medici e personale di supporto, per riuscire a combattere la malattia (che al momento ha infettato oltre 10mila persone e ne ha uccise più o meno la metà), e che purtroppo molti potenziali volontari sono troppo spaventati per partire verso le zone colpite: “Sono molto preoccupato, perché non so dove troveremo tutti questi volontari. Con la paura fuori controllo in così tanti luoghi, spero che i professionisti della sanità si rendano conto che lo spirito del giuramento che hanno prestato comprende anche momenti difficili come questo”.

A Kim ha fatto eco anche Ban Ki-moon, sottolineando come i tassi di trasmissione del virus, al momento, superino ancora la velocità di risposta della comunità internazionale, e ricordando che imporre restrizioni di viaggio (come ha appena fatto l’Australia, che non emette più visti in ingresso per persone provenienti dalle nazioni colpite) non aiuti a contenere l’epidemia. Al contrario, si tratta di un provvedimento che “limiterebbe gravemente gli sforzi per combattere la malattia”. Barack Obama, nel discorso settimanale alla nazione, ha incoraggiato i cittadini a lavorare insieme per risolvere il problema: “Gli Stati Uniti possono sconfiggere l’ebola. Dobbiamo però farci guidare dai fatti, non dalla paura”. E ha ricordato che la sua nazione farà il possibile per supportare i volontari che andranno “in prima linea” per combattere il virus.

In ogni caso, è possibile fare qualcosa anche restando a casa. Il portale Aavaz.org ha lanciato una campagna di raccolta fondi per fornire “materiale sanitario di base, guanti, sapone o coloro, kit per la protezione personale e ambulanze, letti e attrezzature” ai centri per la cura dell’ebola. “Basterebbe che 50mila di noi donassero 16 euro a testa per prendere 10 ambulanze e 2mila tute protettive”. Ce n’è parecchio bisogno, dal momento che nel frattempo, purtroppo, il contagio va avanti. Reuters racconta che, dopo la morte per ebola di un bambino in Mali, 82 persone sono state poste sotto stretto monitoraggio, e la nazione è diventata il sesto stato africano a segnalare un focolaio attivo.

Via: Wired.it

Credits immagine: EU Humanitarian Aid and Civil Protection/Flickr

 

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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