Pesticidi domestici: etichette bocciate

Sono vaghe e non riportano alcuna indicazione sulle dosi da non superare. Così le etichette dei pesticidi domestici possono indurre il consumatore a pensare che più prodotto si usa, migliore è il risultato. È quanto sostenuto dalla California Environmental Protection Agency in una relazione presentata a San Francisco in occasione del 239esimo National Meeting of the American Chemical Society. Secondo il team di ricerca guidato da Linda M. Hall, questa carenza di informazioni è alla base di un uso eccessivo e non corretto dei pesticidi domestici che può avere ripercussioni sulla salute dei consumatori.

Mentre nelle etichette dei pesticidi destinati all’agricoltura sono indicate chiaramente le dosi minime e massime, in quelle di prodotti analoghi per uso domestico spesso non compaiono indicazioni per quanto riguarda il secondo limite. Proprio a questa mancanza  potrebbero essere dovuti gli elevati livelli di sostanze tossiche trovati nel sangue di alcune popolazioni.

Hall e colleghi hanno preso come esempio il para-diclorobenzene (pDCB), l’ingrediente attivo delle palline di naftalina e di alcuni antitarme usati per proteggere seta, lana e altre fibre naturali, come anche gli uccelli in gabbia da acari e pidocchi. I ricercatori hanno osservato come l’etichetta di questo prodotto commercializzato indichi un dosaggio e una durata minimi del trattamento, ma sia completamente priva di indicazioni sui livelli massimi.

L’etichetta non riporta, inoltre, alcuna indicazione per quanto riguarda le procedure di aerazione necessarie per dissipare il pesticida. “In questo modo – ha commentato Hall – il consumatore potrebbe prendere i vestiti intrisi dei fumi tossici e indossarli direttamente, o farli aerare in casa, aumentando l’inquinamento indoor”. È invece importante, hanno sottolineato i ricercatori, informare i consumatori sui rischi di un uso eccessivo di pesticidi, così da minimizzare l’esposizione. (g.b.)

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