Nuove armi contro il cancro

Si chiama “Iressa” la nuova arma sperimentata contro il cancro al polmone “non microcitoma” (una delle forme più aggressive di neoplasia polmonare): mille pazienti di tutto il mondo – duecento sono italiani – hanno partecipato alla sperimentazione che si h appena conclusa. I risultati saranno pubblicati fra sei mesi, ma fra i ricercatori si respira aria di prudente ottimismo. Angelo Raffaele Bianco, direttore del dipartimento di oncologia ed endocrinologia clinica dell’Università Federico II di Napoli, intervenendo a un workshop promosso dalla Scuola internazionale di farmacologia del Centro di cultura scientifica “Ettore Majorana” di Erice, ha anticipato di “aver riscontrato sui pazienti trattati segnali positivi incoraggianti: siamo ottimisti, ma non vogliamo dare false speranze”.

Iressa è una molecola sintetizzata dalla casa farmaceutica inglese AstraZeneca sul modello di quelle presenti prevalentemente all’interno delle cellule neoplastiche e “agisce”, spiega Bianco, “inibendo un enzima fondamentale della biologia cellulare (la tirosina-chinasi), impedendo alla cellula di difendersi dagli attacchi della chemioterapia”. Il cancro “non microcitoma” del polmone uccide proprio perché le cellule neoplastiche riescono a essere impermeabili ai bombardamenti chemioterapici. Togliendo questa sorta di protezione la risposta alla cura terapeutica dovrebbe cambiare in maniera significativa. “Allo stato attuale”, va avanti Bianco, “non è eticamente corretto aggiungere altro, ma, sicuramente, quella intrapresa h una delle principali strade da seguire per vincere”. Una delle caratteristiche della sperimentazione è quella del “doppio cieco”: ne il medico, ne il paziente sanno chi ha ricevuto la nuova molecola. Iressa, infatti, è stata somministrata a 500 dei 1000 pazienti sottoposti alla sperimentazione. “Tutti sono stati trattati con la tradizionale chemioterapia”, spiega Bianco, “e la metà ha ricevuto, in aggiunta, la nuova molecola”.

Nella stessa occasione Marina Ziche, dell’Istituto di farmacologia dell’Università di Siena – una ricercatrice che lavora sul progetto di Judah Folkman, lo scienziato impegnato nel tentativo di chiudere i rubinetti della nutrizione alle masse tumorali, attraverso la distruzione del sistema vascolare – ha annunciato che “studi appena conclusi negli Stati Uniti da numerosi gruppi di ricerca nel campo dell’angiogenesi, hanno dimostrato che nei tumori le strutture vascolari esprimono antigeni (proteine) particolari che possono essere identificati; alcune sono proteine che l’organismo esprime generalmente in concomitanza con la presenza di condizioni patologiche”. Per la Ziche si tratta di “una nuova importante acquisizione: sono dati recentissimi che stiamo confrontando proprio in questi giorni e che ci aiutano, in forma propedeutica, a mettere in atto innovative strategie contro il cancro; siamo ancora nella fase preclinica degli studi, ma la strada è molto promettente”. Quali vantaggi pur portare questo studio nella lotta contro il cancro? “Attualmente, solo nel campo dell’angiogenesi, ci sono nel mondo 80 trial clinici; purtroppo l’alta tossicità di alcune nuove molecole impedisce il loro impiego nelle terapie antitumorali: la nuova scoperta ci offre la possibilità di liberare sostanze citotossiche soltanto sulla parte da colpire”.

La tecnica h quella della “vascular target” (bersagliamento tumorale): l’obiettivo è impiegare anticorpi modificati (che hanno la funzione di vettori) in grado di riconoscere la proteina espressa dalla struttura vascolare del tumore, in maniera da circoscrivere l’effetto della molecola-farmaco esclusivamente in quella zona. In quest’ambito studi promettenti stanno svolgendo, in Italia, ricercatori dell’ospedale San Raffaele di Milano. “Stiamo imparando”, spiega Ziche, “come mettere a punto le nuove strategie alla luce delle recentissime acquisizioni nel campo dell’angiogenesi”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here