A piedi nudi si corre meglio

I piedi sono fatti apposta per correre. Scalzi, però. Lo sostiene uno studio pubblicato su Nature e condotto da un gruppo di ricerca coordinato da Daniel Lieberman dell’Università di Harvard, negli Stati Uniti. La ricerca dimostra che indossare un paio di scarpe cambia il modo in cui poggiamo il piede a terra: con il tallone invece che con la punta. Correndo scalzi invece si poggerebbero prima le dita, e solo dopo il tallone, riducendo l’urto con il terreno e il rischio di infortuni. 

Nella corsa, il momento più delicato per ossa, muscoli e articolazioni è quando il piede tocca terra. Chi si allena sulle lunghe distanze, generalmente, corre appoggiando prima il tallone, poi il resto del piede. In questo tipo di corsa, a ogni passo l’impatto con il terreno genera forze di reazione sino a 3 volte il peso del corpo, che si ripercuotono nel corpo e possono causare numerosi infortuni. Proprio per questo le moderne scarpe da corsa, inventate negli anni Settanta, sono costruite con materiali elastici che servono ad assorbire parte della forza di reazione, riducendo così il trauma degli urti.

Per scoprire come l’uso delle scarpe abbia cambiato il modo di correre degli umani, i ricercatori hanno lavorato con atleti e studenti di nazionalità statunitense e keniota. I volontari sono stati divisi in gruppi a seconda delle loro abitudini: chi aveva sempre corso a piedi nudi, chi indossando scarpe, chi le aveva abbandonate e chi, viceversa, le aveva indossate dopo una vita da corridore scalzo. Osservando le diverse tipologie di corsa, i ricercatori hanno scoperto che chi correva senza scarpe poggiava a terra prima le dita dei piedi o la pianta, per ultimo il tallone. In questo modo, riusciva a smorzare la violenza dell’impatto con il terreno. Poggiando prima l’estremità anteriore del piede, infatti, si diminuisce la massa del corpo che viene improvvisamente a contatto con il suolo, contrastando le forze di reazione con l’energia elastica accumulata nei tendini d’Achille e nei muscoli dell’arco del piede. 

Discutendo i risultati alla luce di considerazioni di tipo evolutivo, i ricercatori hanno anche osservato che, rispetto agli australopiteci, gli Homo sapiens hanno piedi con archi più sviluppati, usati come molle durante la corsa. “La nostra speranza”, ha concluso Lieberman, “è che studiando i traumi da corsa secondo una prospettiva evolutiva sarà possibile aiutare le persone a correre più a lungo e in modo migliore”. Intanto il ricercatore ha creato un sito www.barefootrunning.fas.harvard.edu dove si trovano tutti i consigli in merito. (m.s.)

Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature08723

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here