Aereo Malaysia Airlines, perché si parla di dirottamento

Un dirottamento. È questa, ormai, l’ipotesi più probabile circa la fine dell’aereo della Malaysia Airlines. Dopo la notizia della scorsa settimana, secondo cui i sistemi di comunicazione sarebbero stati spenti separatamente l’uno dall’altro e il probabile avvistamento del velivolo da alcuni radar militari, nel fine settimana sono arrivate le dichiarazioni della autorità malesiane. Secondo quanto detto dal premier malese infatti l’aereo sarebbe rimasto in volo altre sette ore dopo l’ultimo contatto con la torre di controllo.  E anche alcuni particolari, come il fatto che pilota e copilota non avessero chiesto di viaggiare assieme, hanno portato ad allargare le indagini su personale di bordo e a terra, non escludendone un possibile coinvolgimento. Ma se l’aereo sia stato davvero dirottato, come è stato possibile? E perché avrebbe dovuto esserlo?

Un’ipotesi è quella delle ragioni politiche. Infatti, nelle ultime ore, accanto alle dichiarazioni della autorità malesi, si è sparsa la voce che il capitano dell’aereo Zaharie Ahmad Sha fosse un convinto sostenitore del leader dell’opposizione Anwar Ibrahim. Ma non solo: poche ore prima del volo il capitano avrebbe anche assistito al processo in cui il leader è stato condannato a cinque anni di prigione e che ne sarebbe stato molto colpito.

Ma se così fosse, perché il pilota – così come quello della Ethiopian Airlines che dirottò il volo su Ginevra in cerca di asilo politico perché si sentiva perseguitato nel suo paese – avrebbe dovuto interrompere i sistemi di comunicazione per voler fuggire in terra straniera? Così facendo infatti, come racconta Wired.com, avrebbe solo complicato il suo viaggio, rendendo molto difficile in questo modo raggiungere l’Europa, per esempio. Anche nell’ipotesi, non esclusa, per cui l’aereo sia riuscito ad atterrare, ci si domanda come sia possibile far sparire un Boeing 777 col benestare delle autorità locali. Ciò non toglie comunque che i motivi politici possano davvero celarsi dietro un potenziale dirottamento dell’aereo.

È probabile però che quanto deciso dal potenziale dirottatore sia stato anche qualcosa di impulsivo e non così pianificato e, accanto all’ipotesi di fuga politica o motivi ideologici, poi, c’è quella delle ragioni personali che possano aver trasformato un membro dell’equipaggio in un dirottatore. Nella storia delle pirateria aerea infatti una buona parte dei dirottatori, anche se esponenti di qualche ideologia politica, erano per lo più persone in fuga da situazioni disperate, economiche, legali o personali, per le quali il dirottamento sembrava un modo spettacolare per dare un cambio alla propria vita.

Al momento, in attesa di chiarire il mistero sulla fine del velivolo, le ricerche proseguono, interessando 11 paesi in tutto, e focalizzandosi sulle rotte che puntano verso il Kazakhstan, l’Indonesia e l’oceano indiano.

Via: Wired.it

Credits immagine: Pieter v Marion/Flickr

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