Alzheimer, oltre i farmaci allo studio anche un vaccino

Alzheimer
Immagine di Susanne Pälmer via Pixabay

Dopo la recente approvazione dell’anticorpo monoclonale aducanumab, si torna a parlare di Alzheimer, in particolare di un candidato vaccino contro questa forma di demenza. Il vaccino, in corso di studio e ancora nelle fasi iniziali della sperimentazione, si chiama AADvac1. Nella ricerca, ancora nello stadio intermedio e su un numero limitato di pazienti (la fase 2), si sono rilevati dei primi possibili benefici contro l’Alzheimer nella forma lieve. Condotto da ricercatori europei – fra cui gli scienziati dell’Università di Medicina di Graz, in Austria – lo studio è pubblicato su Nature Aging. Perché studiare un vaccino contro l’Alzheimer? E di che vaccino si tratta?

Colpire la proteina tau

Il vaccino in questione è differente da quelli classici, utilizzati per altre patologie, dall’influenza a Covid-19, dato che non è uno strumento preventivo ma una terapia. In questa ricerca gli scienziati hanno puntato a colpire la proteina proteina tau, uno dei principali elementi che si ritengono coinvolti nell’Alzheimer, in particolare nella formazione degli ammassi neurofibrillari.

Gli scienziati ritengono che la tau sia responsabile in buona parte della morte dei neuroni: per questo bloccare la sua azione, anche con un vaccino, potrebbe rappresentare una buona strategia. Sono già in corso di studio immunoterapie per diminuire i livelli della proteina tau e rallentare il declino cognitivo. Oltre alla tau, l’altra proteina centrale associata alla malattia è la beta-amiloide – non considerata in questo studio – anche se ricordiamo che tuttora le cause esatte dell’Alzheimer non sono chiare.

Studiare un vaccino contro l’Alzheimer

I ricercatori hanno testato il vaccino AADvac1 su 196 pazienti anziani con Alzheimer lieve attraverso numerosi richiami – il piano prevedeva undici somministrazioni – per due anni. Lo studio ha come obiettivi esaminare la risposta immunitaria generata dal vaccino e l’eventuale ruolo nel ridurre il calo cognitivo. Il meccanismo del vaccino AADvac1 è simile a quello che abbiamo sentito nominare più volte per il coronavirus Sars-Cov-2. Si fornisce all’organismo l’informazione per produrre la proteina in questione – in questo caso la tau, per il coronavirus la spike di Sars-Cov-2. Il sistema immunitario così sollecitato produrrà anticorpi specifici diretti contro la proteina.

Il vaccino induce anticorpi contro la proteina tau

Il vaccino è risultato sicuro, ben tollerato e in grado di indurre una risposta immunitaria nei pazienti che lo hanno ricevuto. In particolare, i ricercatori hanno registrato alti livelli di anticorpi specifici diretti contro la tau. Il punto, però, è che a questa produzione di anticorpi per ora – almeno in questo studio – non corrisponde un miglioramento significativo rispetto al declino cognitivo. Quest’ultimo risultato emerge dall’analisi dei dati dell’intero campione, mentre in un sottogruppo sembrano invece esserci dei benefici: per questo sarà necessario approfondire l’indagine.

Cosa impariamo sull’Alzheimer

Un po’ come per il vaccino, anche l’anticorpo monoclonale aducanumab ha mostrato favorevoli contro le placche amiloidi, riducendole, che distruggono le connessioni fra neuroni, ma non è chiaro se questo corrisponda a un beneficio clinico contro il declino cognitivo. Ogni volta che leggiamo di un nuovo studio sull’Alzheimer speriamo in un cure o trattamenti – anche se non risolutivi ma che comunque possano avere un forte impatto. In realtà spesso le ricerche portano piccoli passi in avanti, con risultati ancora limitati, come anche in questo caso, e c’è stata in passato anche qualche battuta d’arresto.

Riferimenti: Nature Aging