UN PROBLEMA che, nel nostro Paese, riguarda ormai quasi un paziente su dieci. E che provoca, stando ai numeri dell’Istituto Superiore di Sanità, tra 450 e 700mila infezioni in pazienti ospedalieri ogni anno, il 30% delle quali potenzialmente prevenibili. La questione dell’antibioticoresistenza – in altre parole: la selezione di batteri che riescono a sopravvivere a gran parte delle terapie disponibili – è ormai un’emergenza sanitaria globale, e la cattiva notizia è che l’Italia è tra i fanalini di coda in Europa. Uno scenario preoccupante: la tendenza, dicono gli esperti, si può però invertire, a patto di adottare un cosiddetto approccio “one health”, ovvero una sinergia sanitaria multidisciplinare che coinvolga, contemporaneamente, medicina umana e veterinaria, ricerca, agricoltura, zootecnia e comunicazione. Se ne è parlato oggi a Roma, nel corso dell’incontro “Infezioni batteriche e contrasto all’antibioticoresistenza in Italia. Scenari, priorità e obiettivi secondo un approccio One Health”, organizzato da Msd Italia, cui hanno partecipato esperti di politica sanitaria, infettivologi, biostatistici, rappresentanti di associazioni per i diritti dei malati e diverse società scientifiche. Fortunatamente, hanno raccontato gli esperti, qualcosa si sta già muovendo: in particolare, nel nostro Paese è stato redatto un Piano Nazionale per il Contrasto all’AntibioticoResistenza (Pncar) per far fronte al problema, formulando delle linee di indirizzo per enti sanitari, medici, farmacisti e pazienti.
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