La riduzione del consumo giornaliero di sale potrebbe costare milioni ai produttori di bibite. Sembra, infatti, che l’aumento della sete sia correlato al consumo di snack, quali le arachidi, le patatine e tutti quei tipi di croccanti salati in superficie. E’ quanto sostengono Graham MacGregor e colleghi del St. George’s Hospital Medical School di Londra, denunciando presunti accordi tra le ditte produttrici di ‘soft drinks’ e industrie di snack salati. I ricercatori britannici hanno calcolato che dimezzando la quantità quotidiana di sale da dieci a cinque grammi, la dose cioè consigliata dai nutrizionisti, ognuno berrebbe 350 millilitri di liquidi in meno, proprio l’equivalente di una lattina di soda, di coca-cola, di birra o di acqua. Riducendo il sale nell’alimentazione, inoltre, secondo i ricercatori, si venderebbero circa 13 milioni di bevande in meno sul mercato della Gran Bretagna e di circa 40 miliardi di lattine di soda in meno negli Stati Uniti. I ricercatori inoltre sottolineano che la stessa multinazionale oltre alla Pepsi produce anche i croccanti Frito-Lay, e che la Coca-cola starebbe per annunciare un accordo con Procter e Gamble per il commercio delle patatine Pringles. Nega tutto Richard Laming, consulente della British Soft Drink Association, anche se un dato oggi è incontestabile: in Gran Bretagna, il consumo di bibite aumenta del 3-5 per cento ogni anno, secondo i dati forniti dalla stessa associazione. (d.d.v.)
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