Batteri con le gambe

Proprio come avessero le gambe, i batteri possono “alzarsi in piedi” e “camminare” sulle superfici. In questo modo riescono a esplorare l’ambiente e a diffondersi in modo più efficiente. La scoperta, su Science, è frutto del lavoro di Joshua Shrout, ricercatore all’Università di Notre Dame (Usa), e di un gruppo di ricerca coordinato da Gerard Wong, bioingegnere all’Università della California di Los Angeles.

Quando sono da soli, i batteri nuotano nel citoplasma delle cellule. Ma se aderiscono a una superficie, si organizzano in strutture dense e ordinate chiamate biofilm. Un biofilm è una microcolonia batterica circondata da uno strato di zuccheri, protettiva anche nei confronti dei  farmaci. Sebbene siano geneticamente identici, i batteri organizzati in biofilm esprimono geni che normalmente rimangono silenti e mostrano proprietà differenti da quelle possedute da una singola cellula batterica. Una differenza, per l’appunto, riguarda la locomozione.

Grazie a sofisticati software ideati dall’equipe di Wong, è stato possibile ricostruire in dettaglio i movimenti di microcolonie di Pseudomonas aeruginosa, un batterio patogeno responsabile di infezioni a polmoni, pelle, occhi e apparato gastrointestinale, che in alcuni casi, come nei malati di fibrosi cistica, possono portare alla morte. I programmi analizzano le immagini raccolte da microscopi puntati sui biofilm batterici. Si è così scoperto che, grazie ad appendici simili a gambe (chiamate pili del IV tipo), i batteri possono ergersi in posizione verticale e muoversi sulle superfici camminando. In questo modo riescono a disperdersi meglio per cercare il cibo.

Le ricadute della scoperta saranno soprattutto in campo medico. “Conoscendo meglio il modo in cui P. aeruginosa colonizza le superfici”, afferma Shrout, “possiamo capire come combattere le sue infezioni in modo più efficace”. Possibili implicazioni si immaginano anche in campo industriale, dove si potrebbero migliorare le tecniche per il trattamento delle acque o lo smaltimento dei prodotti petroliferi. 

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Riferimento: DOI: 10.1126/science.1194238 

Credits Video: Video file courtesy of Gerard Wong, UCLA Bioengineering, CNSI

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