Dislessia: il contributo di un nuovo gene?

    La dislessia, un disturbo che provoca difficoltà nell’apprendimento e in particolare nelle capacità di lettura, ha ancora oggi origini sconosciute. Tuttavia – come suggerisce uno studio ricercatori dell’Irccs Ospedale San Raffaele e dell’Università Vita – Salute San Raffaele in uno studio pubblicato su Cortex questa patologia potrebbe essere associata mutazione del gene DCDC2, un pezzetto di Dna coinvolto nella migrazione neurale durante le fasi di sviluppo cerebrale, comportando modifiche dei fasci nervosi della sostanza bianca nel cervello.

    Nelle fasi di apprendimento, la dislessia ha un’incidenza variabile dal 4% al 18% a seconda delle caratteristiche ortografico/fonologiche della lingua. In base alla sua gravità può migliorare o persistere fino all’età adulta. Un disturbo dalle origini ancora in parte sconosciute ma che chiamerebbe in causa anche fattori genetici che influenzano lo sviluppo cerebrale. I ricercatori del San Raffaele avevano già riscontrato, infatti, nei soggetti dislessici, riduzioni di volume o di malformazioni della corteccia cerebrale grazie ad alcuni studi sull’anatomia e il funzionamento del cervello in vivo, attraverso la tecnica della risonanza magnetica Mri.

    La nuova ricerca contribuisce alla dimostrazione della base genetica dei disturbi evolutivi tra cui quello dislessico. Gli scienziati hanno osservato una correlazione tra mutazioni del gene DCDC2 (che regola la migrazione dei neuroni) e le alterazioni dei fasci di materia bianca nel cervello di soggetti dislessici e non. Se DCDC2 è alterato può può contribuire all’alterazione delle connessioni cerebrali, potenzialmente con un ruolo sostanziale nei disordini cognitivi dello sviluppo e, in particolare, nella dislessia evolutiva.

    Daniela Perani del San Raffaele, tra gli autori del paper, commentando lo studio aggiunge: “Quanto scoperto apre quindi la strada a ulteriori ricerche scientifiche nell’ambito della genetica associata ai disordini cognitivi dello sviluppo, in particolare alla dislessia, ai ritardi o ai disturbi evolutivi del linguaggio, della capacità di calcolo, dell’attenzione e della percezione spaziale. Non solo, una genetica che comporti alterazioni delle connessioni del cervello potrebbe renderlo più vulnerabile a insulti o patologie neurodegenerative nel corso della vita e dell’invecchiamento”.

    Riferimenti: The DCDC2/intron 2 deletion and white matter disorganization: Focus on developmental dyslexia; Cecilia Marino, Paola Scifo, Pasquale A. Della Rosa, Sara Mascheretti, Andrea Facoetti, Maria L. Lorusso, Roberto Giorda, Monica Consonni, Andrea Falini, Massimo Molteni, Jeffrey R. Gruen, Daniela Perani Cortex Doi: 10.1016/j.cortex.2014.04.016

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    Credits immagine: Daniela Hartmann/Flickr CC 

     

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