Valanghe: la sopravvivenza dipende dal tipo di neve

    Quali fattori influenzano la probabilità di sopravvivere quando si viene sepolti da una valanga? Può sembrare una domanda oziosa, ma non lo è, perché calcolare le probabilità di sopravvivenza è invece fondamentale per organizzare al meglio i soccorsi. Per questo, uno studio dell’Accademia Europea di BolzanoEurac, dell’Università Medica, dell’Università di Innsbruck e del WslIstituto per lo studio della neve e delle valanghe Slf di Davos, ha analizzato che influenza abbia sulle chance di sopravvivenza un elemento fino ad oggi sottovalutato: la densità della neve. I risultati, ottenuti grazie a 12 volontari e una valanga artificiale, dimostrano che in effetti una neve dura e bagnata può velocizzare notevolmente i tempi di soffocamento.

    Nell’ambito di studi precedenti i ricercatori avevano osservato come un escursionista travolto da valanga con le vie aeree libere e una cavità davanti alla bocca possa sopravvivere più a lungo se sepolto da una neve asciutta e soffice. Si sono dunque posti una domanda: il soffocamento può essere più veloce in caso di neve dura e bagnata? Per scoprirlo, i ricercatori hanno ricreato una valanga artificiale, scavando nell’ammasso di neve così prodotto delle cavità di dimensioni uguali per ognuno dei 12 volontari che hanno partecipato allo studio.

    Per rendere il test sicuro e meno invasivo possibile, i 12 volontari non sono stati posizionati sotto la neve, ma sedevano al di fuori della valanga e respiravano prendendo aria dalle cavità. I volontari hanno respirato per 30 minuti in cavità dello stesso volume e alla stessa temperatura. Il gruppo ha effettuato il test tre volte: prima a gennaio quando la neve è tendenzialmente asciutta e leggera, poi a febbraio e a marzo quando la neve è bagnata e prossima a sciogliersi.

    Durante i 30 minuti di respirazione nella cavità i ricercatori hanno monitorato nei volontari diversi parametri fondamentali per la sopravvivenza. Hanno esaminato per esempio il livello di ossigeno e di anidridecarbonica sia nel sangue del volontario che nella cavità, l’apporto di ossigeno al cervello e altre funzioni vitali come il battitocardiaco e la pressione del sangue. All’inizio e allo scadere dei 30 minuti è stato misurato lo sforzo fatto dal partecipante per respirare, un parametro che dipende molto dalle condizioni fisiche di ciascuno oltre che dalla densità della neve.

    Per misurare nel dettaglio le caratteristiche della neve nei tre momenti in cui sono stati effettuati i test sono intervenuti i ricercatori svizzeri dell’Istituto Wsl per lo studio della neve e delle valanghe Slf di Davos, che hanno prelevato campioni da ogni cavità utilizzata per i test per esaminare la densità e la composizione della neve. I campioni congelati sono stati trasportati a Davos dove saranno analizzati con una Tac.

    I risultati definitivi arriveranno tra circa un anno, ma dalle prime analisi sembrerebbe che la densità della neve condizioni i tempi di sopravvivenza molto più di quanto si pensasse. Secondo i ricercatori, in determinate condizioni sarebbe quindi possibile sopravvivere sotto una valanga più a lungo di quanto ritenuto finora, e questa probabilità può variare di molto nei mesi invernali rispetto a quelli primaverili.

    Credits immagine: Steve Arnold/Flickr

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