Vivere sulle Alpi influenza il patrimonio genetico

    Il patrimonio genetico della nostra specie non dipende solamente dall’evoluzione biologica. La variabilità genetica delle popolazioni che abitano le Alpi italiane, ad esempio, è stata influenzata anche dalle consuetudini geografiche, culturali e ambientali che hanno caratterizzato il loro sviluppo. A dimostrarlo, uno studio dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman dell’Eurac di Bolzano, svolto insieme al Dipartimento di Biologia Ambientale dell’Università Sapienza di Roma, e pubblicato sulla rivista Plos One.

    I ricercatori hanno analizzato il cromosoma Y (quello trasmesso per linea paterna) di oltre 15 popolazioni appartenenti ai tre gruppi etno-linguistici principali delle Alpi orientali italiane: ovvero italiani, ladini e minoranze linguistiche germanofone del Trentino (cimbri di Luserna), del Veneto (cimbri di Giazza e la comunità di Sappada) e del Friuli (comunità di Sauris e Timau). L’analisi si è concentrata sulla variabilità genetica all’interno di questi gruppi alpini, sulle differenze tra di essi, e sul confronto con altre popolazioni europee.

    Lo studio ha mostrato la presenza di tre modelli genetici: quello del gruppo italiano, geneticamente più omogeneo, quello dei ladini, con valori di differenziazione genetica intermedia, e quello delle minoranze germanofone, differenziato in modo più marcato. Secondo i ricercatori, i risultati riflettono perfettamente la differente storia demografica dei tre gruppi e il loro diverso livello di isolamento genetico dovuto all’ambiente di montagna.

    La maggiore omogeneità degli italiani potrebbe essere ricondotta infatti a una loro origine antica comune, ma anche a una maggiore mobilità e scambio di geni tra le popolazioni delle sette valli considerate. Il gruppo ladino, malgrado l’origine comune e l’appartenenza allo stesso gruppo linguistico delle sue comunità, è invece geneticamente differenziato al suo interno, presumibilmente a causa del forte isolamento geografico e del processo di frammentazione che le comunità hanno subito nel corso nel tempo, da parte di popolazioni latine prima e germaniche poi.

    L’ancor più marcata differenziazione genetica delle comunità germanofone potrebbe infine essere ricondotta alla loro peculiare storia demografica: si tratta infatti di comunità originate da piccoli gruppi, talvolta anche da singole famiglie di origini diverse, e dalla loro fondazione si sono mantenute in un relativo isolamento geografico e culturale.

    Per approfondire ulteriormente lo studio, i risultati ottenuti dall’analisi del cromosoma Y sono stati confrontati con quelli del Dna mitocondriale, che viene trasmesso unicamente per linea materna. Questa analisi ha considerato dati dei tre gruppi delle Alpi orientali italiane, di altre popolazioni europee provenienti da aree montane e dati delle popolazioni di lingua tedesca dell’Alto Adige già pubblicati in altri studi. Dal confronto è emerso che il gruppo germanofono dell’Alto Adige, che mostra una diversità notevolmente ridotta per quanto riguarda i caratteri genetici che si trasmettono per via paterna, dimostra invece una variabilità elevata di quelli che si trasmettono per via materna.

    “Il dato interessante è che questo modello genetico è opposto a quello osservato nella gran parte delle popolazioni europee, comprese quelle di montagna. Al momento l’interpretazione più plausibile è che l’antica tradizione sudtirolese del maso chiuso abbia favorito negli anni la mobilità maschile tra le popolazioni delle valli”, spiega Valentina Coia, antropologa dell’Eurac che ha coordinato lo studio. “Secondo l’istituto del maso chiuso, infatti, alla morte del proprietario il podere non veniva suddiviso tra gli eredi, ma passava al figlio primogenito maschio, escludendo dalla successione gli altri figli maschi che sarebbero stati così incoraggiati a lasciare il paese di origine. Questo avrebbe causato un continuo scambio genetico tra i gruppi, e, nel tempo, lo sviluppo di una omogeneità genetica dei caratteri a trasmissione maschile, contrariamente a quanto accade in gran parte delle popolazioni europee, dove è in prevalenza la donna a spostarsi”.

    Riferimenti: Plos One; Demographic Histories, Isolation and Social Factors as Determinants of the Genetic Structure of Alpine Linguistic Groups;Valentina Coia mail, Marco Capocasa, Paolo Anagnostou, Vincenzo Pascali, Francesca Scarnicci, Ilaria Boschi, Cinzia Battaggia, Federica Crivellaro, Gianmarco Ferri, Milena Alù, Francesca Brisighelli, George B. J. Busby, Cristian Capelli, Frank Maixner, Giovanna Cipollini, Pier Paolo Viazzo, Albert Zink, Giovanni Destro Bisol DOI: 10.1371/journal.pone.0081704

    Credits immagine: Martino Pizzol/Flickr

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