Boscimani a secco

I Boscimani restano a secco. La Corte del Botswana, con la sentenza emessa il 21 luglio scorso, nega agli indigeni il diritto all’acqua: non possono accedere al pozzo presente nelle loro terre né scavarne uno nuovo all’interno della Central Kalahari Game Reserve (Ckgr), una delle regioni più aride del mondo e da sempre la loro casa. Una vera e propria condanna a morire di sete – denuncia Survival International – nell’intento di costringere gli indigeni ad abbandonare le loro terre, sulle quali sono in gioco interessi minerari e turistici.

I Boscimani sopravvivono senz’acqua dal 2002, quando il governo sigillò il pozzo per indurli a lasciare il territorio. Nel 2006 l’Alta Corte ha definito incostituzionali gli sfratti del governo e da allora a centinaia sono ritornati nella riserva. Le istituzioni, però, hanno continuato a proibire la riapertura del pozzo. Ciò ha costretto i nativi ad affrontare “condizioni di vita dure e pericolose”, come le ha definite James Anaya, alto Commissario per i diritti indigeni dell’Onu: per procurarsi l’acqua fresca devono percorrere un cammino di oltre 480 chilometri e, da quando il pozzo è stato chiuso, almeno un membro della comunità è morto per disidratazione. Questo anche perché non è possibile portare acqua dall’esterno a parenti e amici assetati che vivono nella riserva. “Tutto questo mentre viene autorizzata l’apertura di un complesso turistico di lusso della Wilderness Safaris dotato di bar e piscina, e lo scavo di nuovi pozzi per abbeverare gli animali selvatici”, denuncia Survival International: “La Gem Diamonds ha addirittura ottenuto il nullaosta per aprire una miniera di diamanti nella riserva, ma solo a condizione che non sia fornita acqua ai nativi”.

Quello dei Boscimani non è l’unico caso di popoli indigeni che vedono minacciata la propria sopravvivenza a causa degli accordi commerciali tra i governi e le multinazionali straniere. È il caso dei Nama, popolo stanziale della Provincia del Capo in Sud Africa (I diamanti? Sono dei Nama) e anche di alcuni indigeni del Cauca che, come per esempio i Nasa, sono impegnati in una lotta quotidiana per difendere il diritto alla gestione del proprio territorio (Piani di autogoverno per gli indigeni).

I Boscimani sono tornati in tribunale il 9 giugno scorso, decisi a farsi riconoscere la possibilità di ripristinare e utilizzare il pozzo d’acqua della riserva. “L’Alta Corte ha stabilito che abbiamo il diritto di vivere sulla terra dei nostri antenati”, dichiarava Jumanda Gakelebone, un boscimane della Ckgr, all’apertura del nuovo processo:“Certamente questo significa anche che abbiamo il diritto di bere la nostra acqua. È assurdo vedere gli animali e i turisti che visitano le nostre terre bere finché vogliono, mentre noi moriamo di sete”. Ma la sentenza emessa infligge un nuovo duro colpo alla comunità indigena. “Negli ultimi anni, il Botswana è diventato uno dei luoghi più ostili del mondo per i popoli indigeni” ha dichiarato Stephen Corry, direttore generale di Survival, che manda un monito a chi si reca in vacanza in questa zona. “Gli stranieri dovrebbero chiedersi seriamente se possono accettare di sostenere questo regime visitando il paese e acquistando gioielli nei suoi negozi”. (r.p.)

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