Domenica 3 settembre a Pescara per il diritto all’oblio oncologico

oblio oncologico
(Foto: Tommaso Camplone on Unsplash)

Di cancro si può anche guarire e gli ex-pazienti oncologici possono così raggiungere lunghe aspettative di vita. In alcuni casi, certo, e con tempi diversi da tumore a tumore (meno dopo un tumore alla tiroide, molto di più dopo una diagnosi di cancro alla mammella), ma sempre più rispetto al passato. In Italia, dice l’ultimo rapporto sui numeri del cancro dell’Associazione italiana di Oncologia Medica (Aiom), più del 50% delle donne con diagnosi di tumore sono guarite o destinate a guarire, il 39% negli uomini. Uomini e donne che avranno un’aspettativa di vita paragonabile a quella di altri uomini e donni della stessa età e sesso nella popolazione generale. Si stima che già oggi possano essere circa un milione queste persone, che lasciato alle spalle il tumore rischiano di trovarsi di fronte a discriminazioni e penalizzazioni per una diagnosi difficile da cancellare. Succede per esempio per accedere a un mutuo, a un’assicurazione, all’adozione di un figlio.

Per questo Aiom da tempo ha lanciato la campagna “Io non sono il mio tumore” per chiedere che gli ex-pazienti oncologici possano non dichiarare le informazioni sulla propria malattia come richiesto oggi invece in più occasioni. Per aderire all’iniziativa sul diritto all’oblio oncologico si può firmare online (qui)o partecipare alle attività promosse all’interno della campagna. Domenica 3 settembre per esempio a Pescara ci sarà una camminata non competitiva (ma con kit personalizzato) di 2,5 km (o il doppio per chi vorrà) per aiutare a diffondere il messaggio. Ci si iscrive qua gratuitamente.

Credits immagine: Tommaso Camplone on Unsplash