Salute

Cannabis: varietà diverse, stessa quantità di Thc

Nei vari tipi di cannabis, la quantità di delta-9-tetraidrocannabinolo (Thc), la sostanza psicotropa alla base della pianta, e di cannabidiolo (Cbd), metabolita non psicoattivo che ha proprietà rilassanti e antinfiammatorie, potrebbe essere più o meno la stessa, a prescindere dalla varietà della cannabis. A svelarlo è uno studio guidato dalla University of British Columbia (Ubc) Okanagan, in Canada, che ha analizzato la concentrazione di questi composti all’interno di 33 diversi ceppidi cannabis da cinque produttori autorizzati. I risultati sono pubblicati su Scientific Reports.

La cannabis è un genere di piante domesticate, che hanno una lunga storia di coltivazione ed uso, come spiegano i ricercatori. Fin da tempi storici, i coltivatori di cannabis hanno selezionato le varianti della pianta sulla base del contenuto di Thc o Cbdoppure di entrambi i composti, a discapito della diversità delle piante che fra l’altro, crescendo in spazi ristretti, sono andate uniformandosi e perdendo differenze all’interno del genoma.

La scelta, dunque, era orientata principalmente sul Thc e Cbd, ma anche su qualità come l’aroma, il colore e la morfologia.

Tuttavia la selezione è avvenuta attraverso programmi di coltivazione casuali e non strutturati. “Con questo sistema, che è la norma attuale, particolari piante sono state scelte per alcune caratteristiche e gli è stato dato un nuovo nome”, sottolinea Susan Murch, docente di chimica alla Ubc Okanagan. E proprio per questa ragione, finora la composizione chimica delle diverse varianti non era nota e ben definita.

“Si stima che attualmente vengano coltivate diverse centinaia o forse migliaia di varietà di cannabis”, aggiunge Murch. “Noi volevamo scoprire quanto sono davvero diverse fra loro, data la variabilità dei loro nomi, unici ed esotici”.

Proprio per questa ragione gli autori canadesi hanno svolto un’indagine su 33 ceppi diversi, esaminando la presenza e la quantità dei cannabinoidi, composti chimici presenti nella cannabis – sono più di 120 finora – che includono il cannabidiolo e il Thc.

In base ai risultati, la maggior parte dei ceppi, a prescindere dall’origine e dal nome, contengono livelli di Thc equivalenti. E lo stesso vale per il Cbd. Secondo gli autori, nei secoli, per produrre piante molto resistenti, i produttori son intervenuti modificando la diversità genetica della pianta ma non sul contenuto di Thc e Cbd. In pratica, oggi, anche se numerose varietà di cannabis sono vendute come differenti, ed hanno anche nomi diversi, di fatto contengono la stessa quantità di questi composti – quelli verso cui si presta più attenzione – e dunque le differenze che distinguono i vari ceppi sono davvero piccole. Così la presenza di più ceppi non implica necessariamente che anche gli effetti psicoattivi siano differenti.

Ma c’è anche un altro risultato: se le differenze nel contenuto di Thc e Cbd non sono risultate rilevanti, mediante le analisi chimiche sono stati rintracciati altri cannabinoidi, precedentemente sconosciuti, in basse quantità. E proprio questi nuovi composti potrebbero essere i responsabili delle diverse risposte fisiologiche individuali alla cannabis (ricordando che in Italia e in altri paesi l’uso ricreativo è illegale, mentre è consentito in casi specifici quello della cannabis terapeutica e quello di alcuni prodotti a base di cannabis light, con Thc inferiore allo 0,6%).

Insomma, stando ai risultati si apre un nuovo panorama di studio della composizione chimica della cannabis. “Conoscere meglio la presenza di cannabinoidi in piccole concentrazioni potrebbe fornire informazioni preziose per la comunità medica che utilizza la cannabis a scopo terapeutico”, spiega Elizabeth Mudge, studente di dottorato al British Columbia Institute of Technology. Considerando che l’elevata presenza di Tghc o Cbd non è l’unico elemento discriminante per cui un dato ceppo ha effetti medicinali più potenti di un altro, come sottolinea sempre Mudge. L’auspicio degli autori, dunque, è che si vada verso una sempre maggiore comprensione di questo argomento e una più accurata classificazione, in modo che i pazienti che utilizzano la cannabis per scopi medici sappiano da cosa è composta.

Via: Wired.it

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Viola Rita

Giornalista scientifica. Dopo la maturità classica e la laurea in Fisica, dal 2012 si occupa con grande interesse e a tempo pieno di divulgazione e comunicazione scientifica. A Galileo dal 2017, collabora con La Repubblica.it e Mente&Cervello. Nel 2012 ha vinto il premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”.

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