Cellulari, avanti con giudizio

Centonovanta milioni di persone nel mondo possiedono un cellulare. E secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità i possessori di un telefonino entro il 2002 raggiungeranno il miliardo. In Italia siamo a quota venti milioni. Un boom travolgente, insomma, che non sembra affatto rallentato dagli inviti alla prudenza lanciati da vari istituti di ricerca e dalla stessa Oms che mettono in guardia sui possibili effetti nocivi delle radiazioni emesse dai cellulari sui sistemi biologici.

Tuttavia, o “per sentito dire” o grazie ad articoli apparsi sulla stampa che hanno posto interrogativi sui reali effetti delle onde elettromagnetiche, anche i più accaniti consumatori di telefonia cellulare hanno cominciato a sospettare che un uso eccessivo del telefonino può comportare qualche rischio. E anche se per ora non c’è alcuna evidenza scientifica che sostenga la preoccupazione sulla pericolosità dell’interazione tra onde elettromagnetiche ed essere umano, si cominciano a prendere provvedimenti per contenere l’eventuale rischio per la salute. Lo scorso 8 giugno il Consiglio europeo ha emanato una raccomandazione che, tenendo conto dei risultati e delle valutazioni messe in evidenza da numerosi studi internazionali, regolamenterà l’esposizione alle emissioni elettromagnetiche.

Proprio in riferimento al recente documento europeo, un gruppo di ricercatori dell’Icemb (Centro interuniversitario per lo studio delle interazioni tra campi elettromagnetici e biosistemi), nel corso di una conferenza stampa svoltasi il 7 giugno al Cnr di Roma, ha voluto manifestare la propria opinione con una lettera aperta, nella quale vengono inquadrati scenari e risultati della ricerca scientifica italiana in questo settore.

Nella lettera si sottolinea tra l’altro che nessuna moderna tecnologia è a rischio zero, e che non si possono oggi chiedere alla scienza certezze assolute. E questo è valido soprattutto nel settore dei campi elettromagnetici, dove serve ancora molto lavoro per definire la relazione tra esposizione e rischio per la salute. Occorre promuovere ulteriori cicli di ricerche, da condurre secondo rigidi criteri scientifici, per dare risposte sempre più approfondite. Ma nel frattempo come ci si deve regolare? L’uso dei telefonini è davvero rischioso? Il problema è che il cellulare opera sì con onde d’intensità piuttosto debole, ma viene tenuto vicinissimo al corpo, spesso a contatto con l’orecchio. “Per ora gli studi non hanno dato risposte definitive, che possano giustificare l’allarme sull’uso dei cellulari”, afferma Gabriele Falciasecca, presidente della Fondazione Marconi, “tuttavia è prudente dare qualche consiglio di cautela: per esempio non tenere il cellulare accostato al corpo, usare dispositivi che assorbano parzialmente le onde emesse dall’antenna, o l’auricolare”.

In Italia, nel 1998, il ministero dell’Ambiente ha emanato il decreto 381 per tutelare la salute dei cittadini in relazione ai campi elettromagnetici. Tuttavia, a differenza della raccomandazione europea, che prende in considerazione tutte le sorgenti di campi a partire da 0 fino a 300 GHz, il documento italiano riguarda solo le apparecchiature fisse per le telecomunicazioni, come le antenne, i ripetitori e gli impianti di telecomunicazione, ma non i telefonini.

Attualmente, dunque, il nostro ordinamento non prevede una norma che dia indicazioni precise sui cellulari. “Per ora possiamo solo spingere le industrie produttrici di telefonini a rispettare gli standard dettati dalla normativa Icnirp (International commission on non ionizing radiation protection)”, afferma Guglielmo d’Inzeo direttore dell’Icemb, “e far passare questi prodotti attraverso i laboratori addetti alla certificazione”.

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