Categorie: Spazio

Cercando l’antiprotone

“E’ la missione che preparerà la nuova era delle esplorazioni spaziali”. Con queste parole Roberto Battiston, fisico che si divide tra l’Università e l’Infn di Perugia e il Cern di Ginevra, ci parla del progetto dal nome in codice Sts 91. Nella notte tra il 28 e il 29 maggio lo Space shuttle Discovery lascerà la Terra per testare il comportamento in orbita dell’Ams (Alpha Magnetic Spectrometer), il primo strumento scientifico approvato per essere installato sulla futura Stazione spaziale internazionale.

E per fare il punto sugli ultimi dettagli, Battiston e altri responsabili della missione si sono incontrati il 19 e 20 marzo a Trento, presso l’Ect* (European Centre for Theoretical Studies in Nuclear Physics and Related Areas). Proprio mentre a Cape Canaveral sono iniziati i lavori e le prove per l’installazione dell’Ams a bordo della navetta Nasa.

Frutto del lavoro di diverse università e istituti di ricerca, tra cui molti italiani, l’Ams è stato progettato per far luce su alcuni dei grandi misteri che ancora avvolgono le teorie cosmologiche sull’origine dell’universo. Qualche esempio: se l’universo è nato dal Big Bang, significa che per metà è fatto di materia, e per metà di anti-materia. Ma dov’è l’anti-materia dell’universo? O ancora: il 90% della massa dell’universo non si può osservare, è fatto di “materia oscura”. Ma cos’è la materia oscura?

Ma l’Ams è anche uno strumento rivoluzionario. E potrebbe essere il primo di una nuova generazione. Perché se finora i fisici delle particelle elementari hanno soprattutto tentato di riprodurre con gli acceleratori sulla Terra gli eventi da osservare, con il nuovo strumento possono adottare una strategia nuova. Sfruttare cioè infatti l’acceleratore di particelle naturale più potente che ci sia, l’universo stesso, e mettere in orbita un rivelatore, l’Ams.

Durante i dodici giorni di missione a bordo dello shuttle, in 106 ore di funzionamento, lo strumento misurerà lo spettro (la distribuzione delle energie) di circa 600 antiprotoni, cioè particelle di antimateria. “Se lo spettro dovesse mostrare delle distorsioni rispetto a quello che ci si aspetta in base ai fenomeni già noti”, spiega Battiston, “sarebbe la conferma delle ultime ipotesi avanzate dagli scienziati sulla natura della materia oscura: sarebbe costituita da particelle molto pesanti concentrate al centro delle galassie, anche della nostra, che da sole rappresentano il 90 per cento della massa dell’intero universo, ma soggette a poche interazioni. E nei rari fenomeni di annichilazione tra queste particelle si produrrebbero proprio gli antiprotoni che l’Ams sta cercando”.

“Naturalmente”, prosegue Battiston, “questo è solo un aspetto di tutto ciò che l’Ams sarà in grado di fare una volta installato a bordo della Stazione spaziale internazionale”. Quello lanciato con lo shuttle è infatti solo il nucleo centrale di uno strumento che lavorerà per tre anni sulla stazione orbitante. “L’Ams sarà dotato di molte altre apparecchiature che gli permetteranno sia di rilevare la presenza di antiparticelle pesanti (per chiarire l’asimmetria tra materia e antimateria che osserviamo nel nostro universo), sia di aumentare le nostre conoscenze in diversi settori dell’astrofisica”.

Ma se per il suo volo inaugurale l’Ams è già quasi sulla rampa di lancio, quando vedremo in orbita le prime parti della Stazione spaziale? “Già da settembre o al massimo ottobre di quest’anno verranno lanciati i primi componenti, che poi dovranno essere assemblati. Sono già pronti, solo gli Stati Uniti sono un po’ in ritardo. Persino la Russia, che finora ha avuto molte difficoltà, è riuscita a consegnare le parti che doveva costruire”. Il progetto è quindi prossimo alla realizzazione. Ma molte sono le polemiche che lo hanno accompagnato. Il grande impegno finanziario – la Stazione spaziale è l’impresa scientifica e tecnologica più impegnativa e costosa mai intrapresa – è sembrato eccessivo agli oppositori: i fondi, è l’accusa, potevano essere destinati ad altre ricerche o a opere di maggiore utilità sociale.

“Certo che la Stazione spaziale costerà molto di più del rifacimento delle fogne di New York”, ironizza Battiston, “ma è un progetto inevitabile se vogliamo guardare lontano. Oltre ai numerosi esperimenti di fisica e biologia già previsti, l’intera stazione servirà da laboratorio per studiare gli effetti sull’uomo della permanenza nello spazio, in vista di future missioni su altri pianeti del Sistema solare”. Ma l’aspetto forse più importante dell’intera missione è il clima di collaborazione internazionale che vede la partecipazione di Stati Uniti, Russia, Giappone e Unione europea. Una collaborazione che, per quanto riguarda in l’Ams, si allarga anche ad altri paesi asiatici, per esempio la Cina. “Questo valore simbolico è del tutto irrinunciabile, tanto che gli Usa hanno voluto comunque la partecipazione della Russia al progetto, nonostante le gravi difficoltà economiche che si trova ad affrontare in questo periodo. Possiamo affermare che in questo caso la scienza trascende la politica”.

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