La telemedicina arriva sulla cima dell’Everest. Un gruppo di alpinisti americani sta infatti affrontando la scalata con delle apparecchiature a ultrasuoni, che permettono agli esperti della Scuola di Medicina della Yale University di studiare l’adattamento del fisico all’alta quota. Durante la scalata finale alla vetta i medici terranno sotto controllo il livello di ossigeno nel sangue, i battiti cardiaci e la temperatura corporea di quattro scalatori. Ma già ora si sono avuti i primi risultati: dalle immagini pervenute si è notato che le arterie carotidee degli scalatori professionisti sono sensibilmente più grandi di quelle dei neofiti. L’ipotesi è che per irrorare meglio il cervello esse si dilatino in modo che il corpo si adatti alla carenza di ossigeno in alta quota. “Mai prima d’ora si erano portati apparecchi del genere a queste altitudini”, dichiara Peter Angood direttore del programma di ricerca, “stiamo scrivendo un capitolo importante della storia della medicina”.(c.d.m.)
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