Come fondare una startup sanitaria

Volete fondare una startup che sviluppi tecnologie mobile al servizio della salute dei cittadini e dei medici? James Oliver Senior e Adam Dole, rispettivamente web designer e manager della Mayo Clinic, hanno qualche consiglio da darvi per evitare un flop. 

Si tratta, infatti, di un campo molto particolare, in cui non è sufficiente avere una bella idea, né gli strumenti per realizzarla, né le risorse per diffonderla. Lo ha ben dimostrato il recente fallimento di niente meno che  BigG: il suo servizio Google Health, lanciato nel 2008, mirava a raccogliere le informazioni sullo stato di salute – allergie, particolari problemi medici e così via – degli utenti, per creare profili personali sempre a portata di computer. “Google Health non ha avuto il grande impatto che speravamo – riportava il blog ufficiale di Google lo scorso giugno –. Lo hanno adottato gruppi di pazienti smanettoni, ma non abbiamo trovato il modo di portare questo prodotto nella gestione della salute quotidiana di milioni di persone”. 

In effetti, se da una parte le app dedicate alla sfera del wellness si stanno moltiplicando, la domanda che bisogna porsi è: stanno veramente cambiando il modo di fare medicina o facilitando la vita dei pazienti? Secondo quello che Dole e Oliver scrivono in un articolo su Fastcoexist.com, non molto. Ed ecco perché: “La maggior parte delle start up che operano nel campo della salute sono sconnesse dal sistema – fatto di medici, pazienti, istituzioni, agenzie regolatorie e investitori – che vorrebbero cambiare”. 

Per i due esperti, l’imprenditore deve interfacciarsi e lavorare con tutti questi attori, o ha perso in partenza. Sarebbero soprattutto due gli aspetti del business plan sottovalutati dalle giovani aziende: l’integrazione della nuova tecnologia nel sistema sanitario e la sua adozione da parte di pazienti e provider basata su una dimostrazione di efficacia

In generale, comunque, il successo e la diffusione di una applicazione in campo sanitario dipende da molte variabili, tra cui i costi e i vincoli burocratici e pratici spesso ignoti a chi sviluppa i servizi davanti a un computer. Inoltre, alla fredda tecnologia manca l’empatia del medico, un aspetto fondamentale per i pazienti. Insomma: “Empatizza come un dottore, progetta come un imprenditore”, è il consiglio per le startup interessate. 

Ecco un esempio pratico di ciò che i due esperti suggeriscono. Chi sviluppa applicazioni e voglia puntare su fitness e nutrizione potrebbe giovarsi dell’esperienza e della consulenza del POWER trial, lo studio del National Heart, Lung and Blood Institute che ha dimostrato l’efficacia degli aiuti a distanza nei pazienti con problemi di peso

Dole e Oliver parlano per esperienza, visto che alla Mayo Clinc lavorano a braccetto con professionisti del mondo della salute, partner tecnologici, designer, e, non in ultimo, i pazienti. Qui, per esempio, l’Healthy Aging and Independent Living (HAIL) lab sta portando avanti un progetto con la comunità di Rochester (Minnesota), per sviluppare e testare servizi a favore delle persone anziane, per permettere loro di rimanere a casa il più a lungo possibile (“aging in place”). 

Qualcun altro ha capito che le cose funzionano meglio se si collabora tutti insieme fin dall’inizio. Per esempio Health Discovery Corporation, azienda con base in Georgia (Usa) che ha sviluppato la sua applicazione MelApp per identificare possibili melanomi con la telecamera dello smartphone, ha validato il suo metodo con il database del Johns Hopkins University Medical Center. Il programma fornisce anche l’elenco di specialisti dermatologi più vicini, il tutto senza dover fornire dati personali, cosa molto apprezzata dagli utenti. 

Le app per la salute più promettenti sono quelle sviluppate per le malattie croniche insieme alla comunità medica e testate con un trial pilota sui pazienti. Immaginate l’impatto che potrebbero avere se potessero essere prescritte dal dottore o dagli infermieri”, scrivono i due esperti. D’altro canto, anche il sistema sanitario, dove le innovazioni entrano molto lentamente, può giovarsi di una collaborazione con aziende che fanno della velocità e dell’evoluzione rapida il loro forte. 

L’ultima considerazione, comunque, è forse la più importante: “Nella sanità, il vero successo di una applicazione non si vede da un buon lancio e dal numero degli utenti che la utilizzano, ma dall’impatto sulla salute nel lungo periodo”. 

via wired.it

Credit immagine a juhansonin

Tiziana Moriconi

Giornalista, a Galileo dal 2007. È laureata in Scienze Naturali (paleobiologia) e ha un master in Comunicazione della Scienza conseguito alla Scuola Superiore di Studi Avanzati di Trieste. Collabora con D la Repubblica online, Salute SenoLe Scienze, Science Magazine (Ed. Pearson), Wired.it.

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