Categorie: Salute

Come spegnere il cromosoma della sindrome di Down

A causarla è un minuscolo cromosoma di troppo. Inattivarlo potrebbe permettere di curarla. Si tratta della sindrome di Down, nota anche come trisomia 21, una patologia per ora incurabile, che colpisce circa un bambino su 700. La sindrome di Down è dovuta alla presenza di tre copie del cromosoma 21, anziché le normali due, ed è la più comune anomalia cromosomica nell’essere umano. Nonostante i tentativi fatti, correggere la trisomia usando la terapia genica cromosomica per eliminare o inattivare uno dei cromosomi in eccesso non ha avuto successo. Almeno finora: in uno studio effettuato presso la University of Massachusetts Medical School e pubblicato su Nature, infatti, Jeanne Lawrence e i suoi colleghi sono riusciti a inattivare una delle tre copie del cromosoma 21 in cellule ottenute da pazienti Down e a rinormalizzare le loro capacità proliferative e differenziative.

Per ottenere questo risultato, gli autori hanno sfruttato un processo biologico che occorre normalmente durante lo sviluppo embrionale e induce il silenziamento di uno dei due cromosomi X nelle donne. Questo meccanismo di “compensazione del dosaggio” si basa su un Rna non codificante, chiamato Xist, che ricopre l’intero cromosoma e induce delle modificazioni strutturali e di espressione genica in modo che solo una copia dei due cromosomi X sia funzionale. L’esperimento è stato condotto usando le cellule ottenute da un paziente Down, da cui i ricercatori hanno generato cellule pluripotenti staminali indotte (iPS) contenenti le tre copie del cromosoma 21. Tramite tecniche di genome editing, ossia manipolazione selettiva del genoma, gli scienziati hanno inserito una copia di Xist sul cromosoma 21 soprannumerario e hanno generato sei cloni di iPS “corrette”.

Analizzando l’espressione di 10 geni specifici presenti sul cromosoma 21, i ricercatori hanno mostrato che l’introduzione di Xist induceva il silenziamento completo di questi geni dopo circa 20 giorni. Il fenomeno avveniva per la maggior parte delle proteine codificate dal cromosoma 21. Infatti, l’espressione globale di tre dei sei cloni analizzati si era notevolmente ridotta raggiungendo valori pari al 15-20% di quello misurato nelle iPS trisomiche – con tre cromosomi – ed era paragonabile ai livelli osservati nelle cellule disomiche normali.

Inoltre, da un punto di vista strutturale, il cromosoma inattivato presentava una serie di modificazioni di tipo eterocromatico – era cioè molto più compatto – e somigliava al corpo di Barr, una struttura condensata formata dal cromosoma X inattivo durante lo sviluppo embrionale. L’effetto della compensazione del dosaggio da parte di Xist si manifestava anche a livello funzionale: le cellule “corrette” proliferavano meglio e differenziavano in modo più efficiente rispetto a quelle malate.

Secondo gli autori, questi risultati sono molto importanti per i pazienti affetti da sindrome di Down, per i quali nonostante i tanti progressi non è ancora disponibile nessuna cura. L’elevata complessità genetica e la variabilità dei sintomi negli individui affetti rende questa malattia molto difficile da trattare. Pertanto, sebbene una cura sia ancora lontana, avere un modello cellulare che ne ricapitoli le caratteristiche biologiche e possa essere facilmente manipolato potrebbe aiutare a capire meglio quali sono le cause molecolari della malattia e rappresentare un primo passo verso una terapia genica.

Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature12394

Credits immagine: David Ascher/Flickr

Maria Antonietta Cerone

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