Categorie: Fisica e Matematica

Come ti scovo il baco

“La tua password è la chiave per accedere a molte informazioni che ti riguardano, immagazzinate nel tuo pc o negli account online. Se i criminali o qualche malintenzionato rubano queste informazioni, la tua identità virtuale può essere clonata. Di solito, ci si accorge del furto quando è troppo tardi, magari perché qualcuno ha già fatto acquisti a tuo nome. Fortunatamente, non è difficile creare una password ‘forte’ che ti protegge da questi rischi”. Quasi alla lettera, è quanto si può leggere sul sito della Microsoft, alla sezione “Una password forte: come crearla e utilizzarla”. Pochi accorgimenti, facili da seguire. Peccato che il protocollo di sicurezza del gestore dei servizi on-line cui ci affidiamo potrebbe avere un piccolo baco, e servire su un piatto d’argento le nostre informazioni a chiunque se ne dovesse accorgere, password o non password. Non è un’ipotesi remota, visto che è appena accaduto a uno dei colossi del Web, Google. Tranquillizzatevi, ad accorgersene sono stati i ricercatori del Laboratorio di Intelligenza artificiale (Ai-Lab) dell’Università di Genova, il cui lavoro è proprio quello di scovare bachi nei sistemi di sicurezza delle infrastrutture informatiche.

Lo strumento che passa al vaglio i protocolli delle webmail e dei vari servizi on-line che detengono le informazioni sensibili si chiama “Avantssar Validation Platform”, ed è uno strumento software specifico per stabilire se un servizio web è davvero inoppugnabile come ci aspettiamo. Due sono i progetti cofinanziati dall’Unione Europea nell’ambito del quale è stato sviluppato: Avispa, coordinato da Alessandro Armando, co-fondatore e direttore dell’Ai-Lab, e Avantssar (Automated VAlidatioN of Trust and Security of Service-oriented Architectures) che, partito a gennaio di quest’anno e coordinato da Luca Viganò dell’Università di Verona, durerà tre anni e potrà disporre di un budget di 6 milioni di euro.

“Ogni azienda può mettere a punto un proprio sistema di regole procedurali per garantire la confidenzialità nello scambio di messaggi e di informazioni, permettere l’autenticazione di un utente garantendo la privacy, e così via. Sono programmi semplici da scrivere, ma gli errori sono frequenti”, racconta a Galileo Alessandro Armando. Per evitarli e affinché i servizi offerti da più aziende possano ‘dialogare’ tra loro, esiste un protocollo standardizzato di riferimento messo a disposizione dal consorzio Oasis (Organization for the Advancement of Structured Information Standards).

I ricercatori hanno prima studiato la documentazione che descrive nel dettaglio il protocollo Oasis, e ne hanno poi estratto un modello matematico che è stato testato dal loro programma ‘scova-bachi’. Se Oasis ha passato l’esame, diversamente è andata per il protocollo del più popolare motore di ricerca: “Ci siamo accorti che il servizio di autenticazione offerto da Google, per esempio per Gmail e Calendar, differiva in alcuni punti, apparentemente insignificanti, dal protocollo proposto da Oasis”, spiega Armando: “Fino a quest’estate, quando un utente si identificava per accedere a uno di questi servizi di Google, il ‘lascia passare’ (il codice che certifica l’identità dell’utente, ndr.) non riportava per quale motivo si chiedesse l’autenticazione”. Chiunque se ne fosse accorto avrebbe potuto accedere direttamente al ‘visto’,  senza bisogno di alcuna password, e riutilizzarlo per qualunque servizio. Banalmente per infiltrarsi nelle caselle di posta degli utenti e avere accesso a informazioni sensibili. Le conseguenze potevano essere gravi, dal momento che diverse multinazionali del calibro di Procter & Gramble, General Electrics, o anche aziende ospedaliere, si appoggiano a Google per i servizi di posta. Questo pericolo è stato scampato (vai alla dichiarazione di Google e al rapporto di vulnerabilità del Cert): “Il protocollo di Google è stato il primo a essere testato”, conclude Armando, “ma i sistemi di protezione di altri gestori di dati sono già in lista per essere vagliati”.

Tiziana Moriconi

Giornalista, a Galileo dal 2007. È laureata in Scienze Naturali (paleobiologia) e ha un master in Comunicazione della Scienza conseguito alla Scuola Superiore di Studi Avanzati di Trieste. Collabora con D la Repubblica online, Salute SenoLe Scienze, Science Magazine (Ed. Pearson), Wired.it.

Articoli recenti

Il talco può aumentare il rischio di tumore?

Il colosso farmaceutico Johnson & Johnson pagherà 6,5 miliardi di dollari per chiudere le cause…

2 giorni fa

Mesotelioma, 9 casi su 10 sono dovuti all’amianto

Si tratta di una patologia rara e difficile da trattare. Colpisce prevalentemente gli uomini e…

5 giorni fa

Uno dei più misteriosi manoscritti medioevali potrebbe essere stato finalmente decifrato

Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…

1 settimana fa

Ripresa la comunicazione con la sonda Voyager 1

Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…

1 settimana fa

Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…

2 settimane fa

Così i tardigradi combattono gli effetti delle radiazioni

Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…

2 settimane fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più