Dalla conchiglia al satellite

Nel suo genere, è la collezione più grande del mondo. Vanta un posto nel Guinness dei primati e alcuni dei suoi pezzi sono stati utilizzati nel film di Gianni Amelio “I ragazzi di via Paninsperna”, dedicato al gruppo di giovani fisici guidato da Enrico Fermi. Stiamo parlando della collezione Cremona, la maggiore raccolta di apparecchi legati al mondo della radiotelegrafia. Amorevolmente messa assieme dal generale Francesco Cremona (che tra l’altro ha redatto il capitolo dedicato a Guglielmo Marconi nel catalogo “Storie di un’idea” dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana), la collezione vanta un prestigioso passato espositivo: dal Museum of Science and Industry di Chicago nel 1974 a Palazzo Venezia nel 1987, fino al Palace of Fine Arts di San Francisco nel 1995 e all’Expò 98 di Lisbona.

Dal 23 ottobre scorso e fino al 31 dicembre prossimo, gli appassionati potranno vedere tutti i cimeli esposti al Museo Civico di Colleferro (vicino a Roma). Inaugurata alla presenza di Elettra Marconi, la figlia del grande scienziato, la mostra è ospitata nei locali di una ex-fabbrica di esplosivi su una superficie di 1500 metri quadrati e ripercorre l’affascinante storia delle comunicazioni umane partendo dalla prima conchiglia preistorica. Galileo è andato a visitarla ripercorrendo l’affascinante storia della telecomunicazione.

“Ho iniziato a raccogliere questi cimeli nel primo dopoguerra”, spiega Cremona, “recuperando alcuni residuati bellici abbandonati dalle truppe tedesche in ritirata. Poi la collezione si è arricchita in parte grazie alla semplice fortuna. Sono molti infatti gli oggetti che ho ritrovato casualmente in magazzini e cantine”. Più di cinquant’anni, dunque, dedicati sempre a questa passione. “La comunicazione a distanza”, prosegue Cremona, “nasce praticamente con l’uomo, perché è un suo istinto naturale quello di abbattere, attraverso l’uso di strumenti sempre più sofisticati, il muro della lontananza”. Comincia così, per caso, l’avventura “comunicativa” del generale Cremona.

Così come, probabilmente, nacque per caso anche il primo strumento di comunicazione, una sorta di megafono preistorico: la tritonia caronia, una conchiglia risalente al periodo neolitico. Nel tentativo di espellere il mollusco di cui si cibavano, forse i nostri antenati effettuarono un buco alla sommità della spirale e vi soffiarono dentro. Oltre al mollusco ne uscì però anche un suono. Qualche millennio dopo, in una fase già più evoluta della tecnica, l’uomo imparò a lavorare appositamente anche il corno di animale.

Bisognerà tuttavia aspettare l’epoca degli antichi greci e romani per poter scrivere un capitolo tecnico sulle comunicazioni. Polibio, generale greco, nei suoi 40 volumi di storia, parlava di vere e proprie “stazioni per la trasmissione di segnali”. Già nel IV secolo avanti Cristo si adottava un alfabeto di segni convenzionali, trasmessi con un sistema di segnalazione a fiaccole: nell’”Agamennone” di Eschilo, Clitemnestra dice di aver saputo che i Greci avevano appena espugnato Troia. “Ma quale messaggero giungerebbe così velocemente a recar notizia?” Risposta: “Efesto, inviando bagliori di fiamma”.

Anche gran parte della fortuna militare di Alessandro Magno si deve proprio al fatto che utilizzava stazioni di segnalazione. “Questo”, commenta Cremona, “dimostra l’importanza dell’informazione durante le guerre”. E infatti i romani, che di guerra se ne intendevano, iniziarono la costruzione del “Limes” danubiano: un sistema difensivo che comprendeva anche una rete telegrafica di torri d’avvistamento lungo le strade consolari. Era una rete di 3 mila stazioni che si estendeva per ben 60 mila chilometri dalla Dacia a Roma e fino alla Gallia, alla Spagna e alla Britannia.

Con l’uso dei piccioni viaggiatori si apre un nuovo capitolo. Sebbene già utilizzati dai romani, solo nel XII secolo cominciò un studio sistematico della “colombistica”, specialmente in Olanda, Francia e Italia. Poiché i mezzi precedenti richiedevano il contatto visivo o acustico tra i due comunicanti, le postazioni non distavano mai più di cinque chilometri. I piccioni, invece, potevano coprire distanze maggiori. Il colombo “di velocità”, per esempio, può volare a 100-120 km/h per un tragitto di 150 chilometri, mentre il colombo “di fondo” vola a 60-70 km/h, ma può percorrere più di mille chilometri.

Nel 1794 nacque il termine “telegrafia aerea”: l’abate francese Claude Chappe ideò un sistema di comunicazione visiva che, con l’aiuto del cannocchiale, permetteva di arrivare fino a 15-20 km di distanza. La sua scoperta venne erroneamente chiamata “telegrafo di Napoleone” perché fu lui il primo ad avvalersene. “Ed ecco un altro caso in cui la fortuna di un condottiero è dovuta all’efficacia dei suoi mezzi di comunicazione”, sottolinea Cremona.

Con la scoperta della pila elettrica, di Alessandro Volta nel 1799, e l’introduzione dell’elettricità le telecomunicazioni infrangono un altro limite. Nascono i primi telegrafi elettromagnetici che utilizzavano il famoso “alfabeto Morse”, rimasto in uso addirittura fino all’anno scorso. Nel 1838, da San Pietroburgo a Varsavia, viene inaugurato il telegrafo aereo più lungo del mondo, con 148 stazioni.

La seconda metà dell’Ottocento è la stagione della telefonia magnetica, con i primi centralini a quattro linee: una per le forze dell’ordine, una per l’ospedale, una per il Sindaco e un posto di trasmissione pubblico. “Probabilmente”, commenta Cremona, “la vera emancipazione della donna è da ascriversi a quegli anni, visto che il lavoro di centralinista è stato il primo impiego specificatamente femminile”. E sempre in quegli anni, con l’invenzione dell’aerostato, ci si avventura nei primi esperimenti di trasmissione aerea. “Si tratta degli antecedenti storici, sebbene un po’ rudimentali, dei moderni cellulari”.

Il vero grande balzo arriva all’inizio del Novecento: per merito di Guglielmo Marconi nasce il telegrafo senza fili, che sfrutta le onde elettromagnetiche per la trasmissione e la ricezione dei messaggi. Niente torri di avvistamento, niente fili tra le stazioni, i primi segnali radio cominciano a popolare l’etere. La strada verso il grande villaggio globale della comunicazione è aperta. Nasce la radiodiffusione e il “Marconifono Magnus”, realizzato nel 1922 dalle Officine Marconi di Genova, è uno dei cimeli che ci ricordano quei primi pionieristici esordi.

Il resto è storia recente. Il maggiore sviluppo della radiotrasmissione si è avuto probabilmente negli anni della Seconda guerra mondiale prima e della Guerra fredda poi. La famosa macchina crittografica tedesca Enigma, che assomiglia a una comune macchina da scrivere, è forse il cimelio più rappresentativo di quel periodo storico. Mentre la radio dei servizi segreti del Kgb, testimone degli anni della Guerra fredda, ci introduce in un mondo fatto di elettronica raffinatissima sempre più efficiente. Un mondo fatto di apparecchi senza dubbio più efficaci, ma forse un po’ meno romantici dei loro “nonni”.

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