Fisica e Matematica

Dalla Germania arrivano i primi super-fotoni

Si chiama condensato fotonico di Bose-Einstein, e non è un congegno di un film di fantascienza. Si tratta invece di un nuovo “tipo” di luce che potrebbe diventare presto l’erede del laser. Lo ha creato un gruppo di ricercatori dell’Università di Bonn, i cui risultati sono apparsi oggi su Nature. Questa nuova sorgente di luce ha caratteristiche simili a quelle del laser, e fra le possibili applicazioni c’è la realizzazione di circuiti elettronici su scale piccolissime, permettendo di realizzare chip e computer ancora più veloci.

Il condensato di Bose-Einstein, che prende il nome dai due famosi fisici – Satyendra Nath Bose e Albert Einstein – è un particolare stato della materia che viene raggiunto quando un insieme di particelle viene portato a temperature prossime allo zero assoluto, corrispondenti a circa 273 gradi sotto lo zero. In passato, infatti, condensati di atomi, per esempio di idrogeno o di rubidio, sono stati creati abbassando moltissimo la loro temperatura.

Anche con i fotoni (che sono quanti di luce) è possibile creare un condensato, per via della loro natura intrinseca. Finora, però, non ci era mai riuscito nessuno. Non è immediato capire cosa significhi “raffreddare la luce”, ma possiamo aiutarci con un esempio tratto dall’esperienza quotidiana. Sappiamo che quanto più un corpo è caldo, tanto più emette luce a lunghezze d’onda più corte. Scaldando un pezzo di ferro, possiamo notare come prima diventi rosso e poi tenda verso il giallo. Quando invece si raffredda, passerà da giallo a rosso e successivamente emetterà luce infrarossa, invisibile all’occhio umano. Inoltre un corpo freddo emette un numero minore di fotoni. Questo vuol dire, però, che è molto complicato riuscire ad “impacchettarli” in un condensato.

Per superare questo problema, il gruppo di Bonn ha inviato un fascio di luce fra due specchi altamente riflettenti. Fra i due specchi è stato inserito un pigmento immerso in un liquido. I fotoni del raggio di luce sono stati così assorbiti dalle molecole del pigmento, che riemettono luce in base alla loro temperatura: in pratica, è come se “raffreddassero” la luce. I pochi fotoni prodotti sono inoltre “ingabbiati” fra gli specchi, e possono essere concentrati in un punto. Il risultato è un condensato di luce: una sorgente completamente nuova che può ricordare i laser. “Attualmente non siamo capaci di produrre laser a lunghezze d’onda molto corte, ad esempio nell’intervallo dell’ultravioletto o dei raggi X”, ha spiegato Jan Klars: “Con un condensato fotonico di Bose-Einstein dovrebbe tuttavia essere possibile”. 

La prima applicazione di questo studio sarà la possibilità di creare circuiti elettronici molto piccoli e con altissima precisione, ma nessuno può certo immaginare quali saranno quelle future. Nel 1960, quando fu inventato il laser, nessuno immaginava che sarebbe stato utilizzato in miriadi di modi, dall’elettronica alla medicina.

Riferimento: doi:10.1038/468517a

Credit Image: MerryMoonMary/iStock

Massimiliano Razzano

Dopo laurea e dottorato in Fisica, ha trascorso periodi di studio in Europa e negli Stati Uniti. Attualmente lavora presso l’Università di Pisa e l’INFN, dove svolge ricerca in astrofisica delle alte energie. Alla ricerca affianca da anni la divulgazione ed il giornalismo scientifico.  Giornalista pubblicista, collabora con diverse testate fra cui Le Stelle, Le Scienze, Mente & Cervello, Nuovo Orione, Airone, e dal 2010 con Galileo.

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