Categorie: Fisica e Matematica

Dalla optoelettronica il nuovo laser

Dopo la prodigiosa evoluzione degli ultimi anni, i dispositivi elettronici a semiconduttori si stanno avvicinando al limite delle loro possibilità. Ecco allora la nuova frontiera della ricerca: la optoelettronica. Si tratta di un settore di studi basato sui cristalli fotonici, materiali che controllano la luce nello stesso modo in cui i “vecchi” semiconduttori trattano gli elettroni. Fino a oggi i cristalli fotonici hanno operato solo con lunghezze d’onda di circa un millesimo di millimetro. Ma un gruppo di ricercatori delle Università di Glasgow e di Durham (Gran Bretagna) ha realizzato per la prima volta un materiale in grado di funzionare con luce visibile, di lunghezza d’onda di qualche decimo di millesimo di millimetro soltanto. L’impresa è stata annunciata su Nature (24 ottobre 1996). Galileo ha intervistato Thomas Krauss, uno degli autori dell’articolo.

Dottor Krauss, può spiegarci cosa sono e come funzionano i cristalli fotonici?

I cristalli fotonici sono materiali che trattano i fotoni (cioè la luce) come i semiconduttori classici trattano gli elettroni. All’interno dei semiconduttori vi sono potenziali elettrici periodici, vere e proprie barriere che condizionano il moto degli elettroni. Gli elettroni che possiedono determinate energie vengono completamente bloccati da queste barriere e non possono propagarsi. Questo meccanismo è alla base del funzionamento di tutti i dispositivi elettronici conosciuti fino a oggi. I fotoni non sono sensibili alle barriere di potenziale elettrico ma al cosiddetto indice di rifrazione. I cristalli fotonici possiedono un indice di rifrazione che varia bruscamente e periodicamente, proprio come il potenziale elettrico dei semiconduttori. In questo modo è possibile ottenere materiali in cui la propagazione della luce viene controllata in due o in tre direzioni simultaneamente, e dunque intrappolare la radiazione luminosa in un volume piccolissimo. Nel nostro esperimento la propagazione della luce viene bloccata in due direzioni. Essa può quindi diffondersi lungo un’unica linea. Ciò è stato possibile scolpendo una struttura a “nido d’ape”, con cavità grandi solo un decimo di millesimo di millimetro, in un semiconduttore classico, trasformandolo in un cristallo fotonico.

Quali sono i possibili impieghi pratici di questi materiali e quali vantaggi offrono rispetto ai dispositivi elettronici comuni?

La capacità di controllare la propagazione della luce ha molte potenziali applicazioni. Per esempio nei semiconduttori che emettono luce, i cosiddetti Led, l’emissione avviene in tutte le direzioni. In questo modo, solo il 3% della luce prodotta può essere sfruttata, il restante 97% è perduto perché la radiazione viene emessa in direzioni tali da non permetterle di uscire dal materiale. Se fosse possibile controllarne la propagazione, la luce potrebbe essere deviata in direzioni “utili”. Anche nei laser solo un fotone ogni 10 mila, emesso nella direzione giusta, contribuisce al funzionamento del dispositivo. Gli altri vengono dispersi. Riuscire a forzare tutti i fotoni nella direzione utile consentirebbe di costruire laser molto più piccoli e più efficienti di quelli attuali. Inoltre si potrebbero costruire veri e propri microcircuiti ottici, simili a quelli elettronici, ma ancora più piccoli di quelli che oggi conosciamo.

Quanto tempo sarà necessario prima che i dispositivi optoelettronici siano pronti per l’impiego pratico?

Oggi alcuni dei principi fondamentali sono stati sperimentati e dimostrati. Ma la realizzazione industriale richiederà ancora un lungo lavoro di accurato sviluppo. Penso che sia ragionevole pensare a 3-5 anni per i dispositivi passivi, quelli dei microcircuiti ottici, e a 5-10 anni per i dispositivi attivi come i Led o i laser.

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