Categorie: Società

Dì la tua su PubMed

Commenti sì, commenti no. Continua la lunga querelle su scienza, comunicazione e dibattito pubblico: se da una parte, come vi avevamo raccontato (vedi Galileo: Scienza: è giusto censurare i commenti online?), alcune autorevoli riviste online hanno deciso di vietare indefinitamente la possibilità di commentare gli articoli pubblicati, oggi PubMed, uno dei più grandi database mondiale di lavori medici, si muove nella direzione opposta. Come racconta Nature, infatti, il portale ha appena lanciato la fase pilota di un programma chiamato PubMed Commons, che permetterà agli utenti di commentare gli abstract degli oltre 22 milioni di articoli attualmente indicizzati. Il sistema è per adesso accessibile solo a un gruppo selezionato di ricercatori, ma David Lipman, direttore dello Us National Center for Biotechnology Information (Ncbi), l’ente che ha promosso l’iniziativa, dice che presto chiunque potrà commentare usando il suo vero nome.

Lipman spera di creare così una piattaforma di discussione che aiuti il progresso della ricerca, anche se ammette che non sarà facile convincere gli autori a partecipare. In effetti, la storia insegna che anche articoli pubblicati su riviste prestigiose non hanno mai attirato grandi quantità di commenti. I dati divulgati dalla Public Library of Science (Plos), per esempio, evidenziano come solo un decimo dei lavori abbia ricevuto qualche commento, nonostante gli utenti abbiano scaricato finora oltre 230 milioni di pubblicazioni dal sito. ArXiv, il portale che ospita articoli che ancora attendono la pubblicazione definitiva su riviste peer-reviewed, ha già considerato e respinto l’idea di ospitare commenti, perché “ci vorrebbe troppo tempo per gestirli e moderarli”, come ha ricordato il suo fondatore Paul Ginsparg. Un altro timore è che commenti troppo negativi possano allontanare i lettori, riducendo l’impatto e la diffusione degli articoli all’interno della comunità. 

C’è poi la questione dell’anonimato. Ferric Fang, microbiologo della University of Washington di Seattle, ha paura che i ricercatori – specialmente quelli più giovani – non se la sentano di “criticare” lavori scientifici dei colleghi, temendo ripercussioni per la propria carriera. Per evitare tutto ciò, Commons fornirà la possibilità di commentare a nome di un intero gruppo di ricerca piuttosto che come singolo scienziato. Sperando che il sistema diventi, come ha detto uno dei suoi fondatori, Robert Tibshirani, “un salotto di conversazione tra autori. Gli scienziati spendono tantissimo tempo per scrivere gli articoli e spesso nessuno li legge. Personalmente, preferisco avere dieci commenti, tra cui quattro negativi, piuttosto che nessun feedback”.

Riferimenti: Nature doi:10.1038/nature.2013.14023

Credits immagine: splorp/Flickr

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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