Dj Fabo, a che punto sono le leggi sul fine vita in Italia

Dj Fabo è morto oggi in una clinica in Svizzera. Come vi abbiamo raccontato, il 39enne, cieco e tetraplegico da quasi tre anni, aveva più volte fatto appello a politici e rappresentanti delle istituzioni, primo fra tutti il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, chiedendo di vedere riconosciuto il suo diritto di scegliere se e come morire e di sollecitare la decisione in Parlamento sulla proposta di legge sul fine vita, ferma da tre anni in aula. Purtroppo, i suoi appelli sono caduti nel vuoto, o quasi. Ed è per questo che Fabo ha chiesto all’Associazione Luca Coscioni, che da anni si batte per l’istituzione di una regolamentazione sull’eutanasia, di accompagnarlo in Svizzera, dove invece la pratica è legale. In particolare, è stato Marco Cappato, tesoriere dell’associazione, ad accompagnare Fabo, rischiando paradossalmente a sua volta fino a 12 anni di carcere: il codice penale italiano, infatti, punisce duramente “chiunque rafforzi l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevoli in qualsiasi modo l’esecuzione”.

Il problema è, per l’appunto, che il vuoto legislativo italiano in materia di fine vita è spaventoso. I temi più dibattuti, in particolare, sono due: quello del fine vita propriamente detto, che abbraccia casi che vanno da accanimento terapeutico alimentazione forzata (come fu per Eluana Englaro) a suicidio assistito ed eutanasia, e quello che riguarda il biotestamento, ovvero le ultime volontà di una persona in merito alla propria vita e al proprio corpo in casi in cui non possa più esprimersi.

Per quanto riguarda il primo punto, a oggi sono state depositate alla camera dei deputati ben sei proposte di legge sul fine vita, di cui una di iniziativa popolare presentata dalla stessa Associazione Luca Coscioni il 13 settembre 2013.  È proprio quest’ultima quella che ha riscosso il maggior clamore, grazie a testimonial – grandi nomi della scienza, come Umberto Veronesi, e del mondo della comunicazione, da Paolo Mieli a Maurizio Costanzo. Per non parlare, ovviamente, dell’impegno di persone come Dj Fabo Beppino Englaro. Nella proposta, in particolare, l’associazione chiede che:

Ogni cittadino può rifiutare l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di  trattamento di sostegno vitale e/o terapia nutrizionale

e che

Le disposizioni degli articoli 575, 579, 580 e 593 del codice penale non si applicano al medico ed al personale sanitario che abbiano praticato trattamenti eutanasici, provocando la morte del paziente

posto che il paziente stesso sia maggiorenne, in grado di intendere e di volere e affetto da patologia inguaribile (con prognosi inferiore a 18 mesi) che causi grandi sofferenze. Sostanzialmente, l’Associazione chiede che siano riconosciuti il diritto all’arresto dei trattamenti e dell’alimentazione e all’eutanasia. La discussione su questa e le altre cinque proposte, che dovrebbero confluire in un unico testo, è ferma da un anno, da quando cioè il 4 marzo 2016 il Parlamento italiano ha iniziato per la prima volta nella storia il dibattito nelle commissioni Affari sociali e Giustizia della Camera.

Un po’ meglio va per il decreto legge sul biotestamento, o più precisamente sulle Disposizioni anticipate di trattamento, cioè sulle ultime volontà della persona in merito alla propria vita e al proprio corpo in casi in cui non possa più esprimersi. Pur se osteggiato con forza da alcuni deputati, il decreto ha ricevuto il primo via libera dalla commissione Affari sociali della Camera il 17 febbraio. Il disegno propone la possibilità di depositare le proprie volontà sul fine vita presso un notaio, un pubblico ufficiale o un medico del servizio sanitario nazionale. Le disposizioni personali, che includono il rifiuto dei trattamenti sanitari come nutrizione e idratazione artificiali, saranno revocabili in ogni momento.

Via: Wired.it

Mara Magistroni

Nata e cresciuta nella “terra di mezzo” tra la grande Milano e il Parco del Ticino, si definisce un’entusiasta ex-biologa alla ricerca della sua vera natura. Dopo il master in comunicazione della scienza presso la Sissa di Trieste, ha collaborato con Fondazione Telethon. Dal 2016 lavora come freelance.

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