Circa 28mila persone infette e 11mila morti. Sono questi i numeri dell’epidemia di ebola che a partire dal 2013 ha colpito Liberia, Sierra Leone e Guinea, e allarmato gli epidemiologi di tutto il mondo. Prima di allora, però, la diffusione del virus non aveva mai contagiato più di 600 persone. Cosa gli ha permesso quindi di diffondersi così rapidamente? E soprattutto, potrebbe accadere di nuovo? Se lo sono chiesti due team di ricercatori, guidati da Jeremy Luban dell’Università del Massachusetts, e Jonathan Ball dell’Università di Nottingham, che in contemporanea hanno pubblicato due articoli su Cell (qui e qui) in cui raccontano l’evoluzione della malattia da virus ebola (Evd) nel corso dell’ultima epidemia scoppiata in Africa. La risposta è univoca: una singola mutazione, chiamata A82V, ha aumentato la trasmissibilità del virus da un essere umano all’altro, rendendolo più adatto a diffondersi nella nostra specie che negli ospiti da cui proveniva, i pipistrelli della frutta (famiglia Pteropodidae).
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