Ecco cosa salverà le tartarughe marine

Piccoli lembi di oceano sparsi al largo delle coste, in cui vigono limitazioni e divieti alle attività di sfruttamento. Le Aree Marine Protette (Amp), che occupano poco più di un centesimo della superficie oceanica globale, sono anche il porto nel quale approda e trova asilo il 35 per cento delle tartarughe verdi (Chelonia mydas), una specie a forte rischio di estinzione. Il dato, emerso da uno studio internazionale condotto dall’Università dell’Exeter, in Cornovaglia, e pubblicato su Global Ecology and Biogeography, è la prova del buon funzionamento di queste riserve naturali come strumento per preservare gli ecosistemi di acque salate.

La creazione delle Aree Marine Protette, frutto dell’impegno di governi e organizzazioni non governative nel corso degli ultimi decenni, sta ottenendo risultati tangibili soprattutto nelle aree tropicali. Un esempio è la proliferazione delle forme algali e delle cosiddette erbe di mare, fonte primaria di cibo per diverse specie, tra cui le tartarughe marine. In queste acque interdette alla pesca, così, non è raro avvistare la Chelonia mydas, citata nella lista rossa della Iucn (Unione mondiale per la conservazione della natura) delle specie a rischio di estinzione.

Nella nuova ricerca i biologi hanno tracciato i movimenti di 145 esemplari di Chelonia mydas, provenienti da 28 siti di nidificazione, con un sistema di rilevamento satellitare. Oltre alle informazioni sul tragitto che questi animali compiono dalla zona di accoppiamento a quella di alimentazione (un esodo lungo migliaia di chilometri), lo studio mostra come più di un terzo dei migranti preferisca fare rifornimento nelle Aree Marine Protette, e che addirittura il 21 per cento scelga le Amp sotto regimi di regole più severe (per esempio quelle impiegate a scopi scientifici).

“C’è stato un dibattito sull’effettiva utilità delle AMP”, commenta Brendan Godley, del Centro per l’Ecologia e la Conservazione dell’Università dell’Exeter. “Ma questa ricerca fornisce una prova inconfutabile che queste aree servono realmente a garantire habitat di alimentazione sicuri a un gran numero di creature marine”.

Riferimento: Global Ecology and Biogeography doi: 10.1111/j.1466-8238.2011.00757.x

Credit immagine: Peter Richardson, MCS

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