Nelle persone che fanno uso di cocaina si riduce l’attività delle aree del cervello deputate al controllo del comportamento e delle emozioni e la loro interconnessione. E questo influisce sulla capacità di sopprimere il desiderio della droga. A indagare gli effetti della cocaina sul cervello è uno studio del Brookhaven National Laboratory del Dipartimento di Energia statunitense, pubblicato su Pnas: in particolare diminuisce l’attività della corteccia cingolata anteriore.
Per studiare gli effetti della cocaina sul cervello, i ricercatori, coordinati dalla psicologa Rita Goldstein, hanno sottoposto 17 consumatori di cocaina e 17 persone che non fanno uso di droghe (campione controllo) a un test. Nella prima fase, i partecipanti hanno imparato ad associare alcune parole (riferite al consumo di stupefacenti, come crack e dipendenza, o termini neutrali) a quattro colori. Poi, ad entrambi i gruppi è stato chiesto di schiacciare il pulsante colorato che corrispondeva a nuove parole, comunque inerenti agli stessi concetti. I partecipanti ricevevano una ricompensa per la velocità con cui schiacciavano il pulsante, fino 50 centesimi di dollaro per ogni risposta corretta, per un massimo di 75 dollari.
La risonanza magnetica funzionale – che evidenzia le aree cerebrali attivate, quelle che consumano più ossigeno durante lo svolgimento di un compito – ha mostrato ai ricercatori le principali differenze tra i due gruppi. La parte della corteccia cingolata anteriore che di solito si accende quando esercitiamo il l’autocontrollo è molto meno attiva nei consumatori di cocaina, soprattutto quando i partecipanti non ricevono la ricompensa in denaro, o hanno a che fare con i termini neutrali, o hanno fatto ricorso frequentemente alla droga nei 30 giorni precedenti al test.
Allo stesso modo diminuisce l’attività di un’altra zona della corteccia cingolata anteriore legata all’inibizione delle emozioni. In più, le due aree, normalmente interconnesse, “comunicano” molto meno tra di loro negli individui dipendenti.
Queste differenze nell’attività e nell’interconnessione non comportano un peggior risultato o un minor interesse verso il compito da svolgere. “Nelle persone dipendenti, quando si presenta la necessità di sopprimere il desiderio della droga, l’attività nella corteccia cingolata anteriore tende a diminuire. È possibile che in questo modo il cervello cerchi di reprimere il ricordo del consumo o il pensiero della prossima dose, permettendo così alle persone di focalizzarsi sul compito da eseguire”, ha ipotizzato Goldstein.
Secondo i ricercatori, i trattamenti mirati al rafforzamento dell’attività di queste regioni e della loro interconnessione potrebbero aiutare le persone “addicted” a migliorare l’auto-controllo durante il desiderio (craving) o l’astinenza. (p.f.)
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