Emergenza Rom: fame e malattia

A Roma ci sono ufficialmente ottomila Rom. In realtà sono circa 16mila, di cui la metà giovani al di sotto dei 18 anni e bambini. Di questi, il 24 per cento è malnutrito, il 25 per cento è nato sottopeso, il 20 per cento soffre di bronchite, il 16 ha infezioni dermatologiche come la scabbia, il 13 ha problemi gastrointestinali e il 5 per cento ha capacità motorie sottosviluppate. Sono i dati dell’ultimo rapporto della Comunità di Sant’Egidio di Roma, pubblicati sulle pagine del Lancet.

La  situazione dei Rom della capitale non è diversa da quella dei restanti 134mila del resto della penisola. “Questa popolazione non solo vive in condizioni peggiori dei cittadini italiani ma anche degli altri immigrati”, ha spiegato Ersilia Bonomo, esperta di sanità pubblica e docente presso l’Università di Roma Tor Vergata.  “I campi dove vivono i Rom possono essere paragonati agli Slum brasiliani, con tutte le conseguenze sociali e sanitarie che ci si può aspettare da questa situazione”, ha sottolineato Paolo Ciani, coordinatore della Comunità di Sant’Egidio.

I Rom sono arrivati in Italia diversi secoli fa: i primi sono stati i Sinti, giunti nel XVI secolo. Le nuove generazioni invece si dividono principalmente in due gruppi: quelli che sono fuggiti dalla ex-Yugoslavia durante le guerre degli anni Novanta e quelli arrivati dalla Romania in anni più recenti. I pregiudizi contro i Rom, rafforzati da fatti isolati di cronaca, rendono molto difficile la loro integrazione e praticamente impossibile trovare una casa o un lavoro regolare. “Politici di entrambi gli schieramenti hanno alimentato la paura dei cittadini di omicidi e furti” – scrive Samuel Loewenberg del Lancet – “e le cose sono molto peggiorate durante il Governo Berlusconi”.

Pochi mesi dopo il suo insediamento, nella primavera del 2008, il governo ha dichiarato lo “stato di emergenza” riguardo i campi rom. Questo ha dato poteri speciali alle amministrazioni locali che hanno cominciato a demolire gli insediamenti spontanei e a spostare quanti vi abitavano in campi governativi. Uno di questi è stato visitato da alcuni giornalisti della rivista britannica: “Si trova a 45 minuti di auto dalla città ma non ci sono stazioni metro vicino. È al lato di una strada, circondato da un alto recinto. Praticamente un parcheggio per dozzine di roulotte. Ci sono videocamere in cima al recinto e guardie armate all’entrata che occasionalmente pattugliano l’area come carcerieri in una prigione. Molti Rom paragonano queste nuove ‘case’ a campi di concentramento”.

Se non bastasse, i pregiudizi, la paura e la diffidenza allontano quanti hanno bisogno di cure dagli ospedali. “Molti bambini infatti non hanno ricevuto le vaccinazioni di base come quella per il morbillo, e altri presentano problemi renali e del tratto urinario”, ha raccontato la Bonomo. “L’esclusione dalla società non farà altro che perpetuare questa situazione”, ha spiegato Najo Adzovic, leader di una comunità Rom: “se non riceveremo aiuti, i figli dei nostri figli vivranno nelle nostre stesse condizioni”. (c.v.)

Riferimenti: Lancet doi:10.1016/S0140-6736(09)62171-1

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