L’attività intellettuale e l’esercizio fisico potrebbero proteggere dal morbo di Alzheimer. Lo sostiene uno studio effettuato sui topi da Sam Sisodia della University of Chicago, e pubblicato sulla rivista Cell di questa settimana. Sarebbe così confermata l’idea che una vita intellettualmente e fisicamente attiva sia in grado di ritardare la malattia, come già suggerito da altri studi epidemiologici. Sisodia si proponeva di studiare quanto l’ambiente influenzasse i primi stadi di formazione delle placche amiloidi, agglomerati proteici extracellulari tipici di un cervello affetto da Alzheimer. A questo scopo sono stati utilizzati topi geneticamente modificati, in grado di sviluppare le placche a circa quattro mesi e mezzo di vita. All’età di un mese nove topi sono stati posti in gabbie con giochi e attrezzature per l’esercizio, mentre sette disponevano soltanto di acqua, cibo e lettiera. Al quinto mese i topi di entrambi i gruppi sono stati sacrificati: dall’esame dei cervelli si è osservato che il carico amiloide era notevolmente ridotto nei topi che avevano vissuto nell’ambiente “arricchito”. La riduzione è stata attribuita principalmente all’esercizio fisico, ma potrebbero avere concorso anche altri fattori quali aumentati stimoli visivi ed interazioni sociali. (a.m.)
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