Fame nel mondo: allarme Fao sull’altalena dei prezzi

I prezzi delle derrate alimentari resteranno alti e caratterizzati da grande volatilità. Non è una notizia rassicurante quella che arriva dal rapporto annuale “The state of food in security in the world” reso noto oggi dalla Fao, dal Fondo Internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad) e dal Programma alimentare mondiale (Pam). Mentre ci si appresta a celebrare la Giornata mondiale dell’alimentazione (16 e 17 ottobre) e continua l’emergenza carestia nel Corno d’Africa, il dossier fotografa un clima di insicurezza e instabilità dei mercati, che rischia di ridurre alla fame e alla malnutrizione milioni di persone. 

I prezzi alimentari sono destinati a restare alti, e forse ad aumentare, dicono gli esperti, e saranno altalenanti. Proprio la volatilità dei prezzi è uno dei principali fattori dell’insicurezza alimentare, soprattutto per i piccoli paesi che dipendono dalle importazioni e che stanno pagando le gravi conseguenze della crisi alimentare e di quella economica del 2006-2008. A farne le spese sono soprattutto i bambini: il calo dei redditi familiari dovuto alle fluttuazioni dei prezzi porta a un minor consumo di cibo e alla riduzione degli elementi nutritivi fondamentali per i bimbi, che cresceranno più deboli e meno capaci di lavorare e guadagnarsi da vivere. In una parola, destinati a un futuro di povertà che incide sull’intera economia. 

L’altalena dei prezzi, fa notare il rapporto, ha colpito in modo diverso. I più esposti sono stati gli indigenti, particolarmente in Africa, dove il numero delle persone sottonutrite è salito dell’8 per cento tra il 2007 e il 2008, mentre in Asia è rimasto pressoché costante. Ad aggravare la situazione, poi, ci pensano l’aumento dei consumi alimentari nelle economie in rapida ascesa, la crescita demografica e l’espansione dei biocombustibili.

“L’intera comunità internazionale deve agire oggi e in modo efficace per mettere al bando l’insicurezza alimentare dal pianeta”, scrivono nell’introduzione del rapporto i responsabili delle tre agenzie internazionali. Cosa fare? La risposta migliore viene sempre dagli investimenti nei paesi in via di sviluppo. I settori chiave sono l’irrigazione, la gestione della terra e lo sviluppo di sementi di migliore qualità mediante la ricerca agricola. È fondamentale però, sottolinea il rapporto, che gli investimenti tengano in considerazione i diritti dei fruitori della terra e delle relative risorse naturali, avvantaggino le comunità locali e promuovano la sicurezza alimentare e la sostenibilità ambientale

Questi temi sono cari anche alle associazioni, ai movimenti e alle organizzazioni contadine riunite nel Comitato italiano per la sovranità alimentare (Cisa) che da oggi presidieranno la sede della Fao per seguire da vicino i negoziati per le Linee Guida Volontarie sulla gestione responsabile della terra, dei territori di pesca e delle foreste, e la riunione del Comitato per la sicurezza alimentare. Questi due eventi possono essere uno strumento importante per fermare l’accaparramento dei terreni agricoli da parte di imprese straniere (land grabbing) e per rafforzare l’accesso alla terra dei piccoli e medi produttori, in particolare donne e giovani. 

Per sensibilizzare i cittadini sull’emergenza nutrizionale, Medici senza Frontiere ha allestito a Roma (piazza Vittorio Emanuele II ) fino al 17 ottobre un Centro nutrizione simile a quelli in cui operano i medici dell’organizzazione nelle zone di crisi. La struttura, grande 90 metri quadrati, permette ai visitatori di vedere da vicino, attraverso documentari video-fotografici e un percorso esperienziale, cosa significa la malnutrizione infantile e quali sono le soluzioni messe in campo per curarla.

1 commento

  1. E’ il problema della esplosione della popolazione mondiale quadruplicata negli ultimi cento anni che e’ alla base di tutto eppure
    viene quasi sempre omesso dagli anni 70 in poi per l’interferenza delle religioni monoteiste.
    ——–
    Guido Ferretti Presidente Associazione Rientrodolce ha scritto:

    “Il mese di ottobre di quest’anno si è iniziato poco dopo il “giorno dell’overshoot”, cioè il giorno [che ormai da molti anni capita ogni anno] in cui il mondo ha esaurito le risorse naturali rinnovabili prodotte nell’anno ed ha iniziato ad intaccare il patrimonio di risorse non rinnovabili che avremmo dovuto trasmettere alle generazioni future, e [inoltre l’anno in corso, il 2011, e’ previsto che approssimativamente] terminerà nel giorno in cui il mondo raggiungerà una popolazione di sette miliardi di persone.
    Le due “ricorrenze”, se così si possono definire, sono collegate da una relazione che collega l’impatto delle attività umane sulla natura con l’entità della popolazione, i consumi pro capite e i mezzi tecnologici utilizzati per assicurare tali consumi.

    Dall’inizio di ottobre [2011] l’umanità […] sta consumando più pesce di quanto ne nasce, sta distruggendo foreste oltre la loro possibilità di rigenerazione, sta utilizzando acque di falda oltre la possibilità di riempimento, sta esaurendo terreni agricoli, risorse minerarie, biodiversità. Tutto ciò avviene nonostante un miliardo di persone siano al di sotto della soglia della fame,
    mentre oltre duecento milioni di donne che vorrebbero poter controllare la propria fertilità non ne hanno la possibilità e mentre già sentiamo i primi effetti del riscaldamento globale.

    Se già stiamo sfruttando il pianeta oltre le sue possibilità di rigenerazione e se vogliamo lasciare ancora qualcosa ai nostri figli, non esistono altre strade che quella di una riduzione della popolazione attraverso una riproduzione responsabile e
    quella di una riduzione dei consumi, accompagnata da una migliore distribuzione delle risorse.
    Se non lo faremo volontariamente e in modo solidale,
    la popolazione si ridurrà da sola, attraverso catastrofi umanitarie.”

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